Un tempo Vasco Rossi cantava “Gli spari sopra sono per noi”. Stavolta, in California, nella stessa San Bernardino della strage del dicembre 2015, i colpi di arma da fuoco sono “per noi” nel senso che nulla pare esserci di fondamentalista nella storia, se non una “lite domestica” che ha ucciso una maestra, il suo assassino che si è suicidato subito dopo, e un paio di bambini gravemente feriti.
Storie di cronache contemporanee, in un Paese, gli Stati Uniti, dove la legittima difesa passa per il possesso di una o più pistole, fucili, revolver. Va così da sempre e da sempre sembra essere utopia pura l’idea di “disarmare” il Paese più armato del mondo, nei confronti degli altri e anche di se stesso.
Il Paese che a cadenza più o meno regolare finisce in copertina perché qualche nerd impazzito spara al college, ai compagni, ai professori, alle maestre.
Una lezione (il risolvere i problemi senza spargere sangue) che al di là dell’oceano non hanno imparato, e che dalle parti della vecchia Europa si porta avanti con accanimento: per difendersi dal “male” ci vuole un’arma letale, in provincia soprattutto. E così, dentro i nostri sicuri confini, diventiamo killer di noi stessi e delle nostre ossessioni, delle nostre paure, delle più bieche storie di gelosia sentimentale o giù di lì, come insegnano le cronache violentissime degli ultimi tempi. E poi, addirittura, le forze dell’ordine sbagliano bersaglio, come successo con l’immigrato dai due coltelli tra le mani che stazionava in un trafficato viale milanese lo scorso week end. Ferito a una gamba da un poliziotto che tentava di disarmarlo. Fossimo stati a Parigi, a Miami, e pure a Londra, sarebbe finito tutto al cuore del problema, in tutti i sensi. Make the world great, with a gun! Giusto? (MB)