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Se vi capita di prendere la metropolitana alternativamente in due città europee come Milano e Parigi, potrete notare una differenza sostanziale: nella Ville Lumiére ancora qualcuno legge libri o giornali su carta stampata, mentre tra le stazioni meneghine vedere inchiostro è sempre più difficile. Si vedono invece una selva di teste chine a controllare social network, app, a scorrere compulsivamente rubriche di whatsapp, home page di facebook e a fare zapping tra la propria musica.
Si sa, non ce ne vogliano i sociologi, che l’Italia è stata anche rovinata da ormai trent’anni di televisione commerciale, mezzo privilegiato di propaganda e rimbecillimento generale iniziato con il Drive In, e che oggi prosegue indefesso, e senza inibizioni, attraverso canali satellitari dove si cucina a ogni ora del giorno e della notte, dove ci si rifanno look, dove si impara a sedurre o dove si sceglie l’abito da sposa.
Bene. Se non ne potete più di tutta questa marmaglia di immagini e vacui pensieri potete tirare un sospiro di sollievo: il mercato del televisore è in crisi profonda, e per la prima volta in Italia – in questo 2014 – è stato scalzato nelle vendite da tablet, computer e dispositivi mobili.
I dati sono diffusi dall’Anitec, Associazione Nazionale Industria Informatica, Telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo, che mette in chiaro che se nel 2011 vi era stata l’impennata dovuta al subentro del Digitale Terrestre e dunque di milioni di apparecchi da sostituire, oggi i numeri tornano alla normalità, e perdono terreno. Sarà che i dispositivi mobili hanno un tempo di vita decisamente più breve delle TV, o forse sarà anche che quello che passa il convento (la televisione) ha decisamente rotto.
Il problema che si pone Repubblica, in un’intervista a Claudio Lamperti, vicepresidente di Anitec, è un calo dei posti di lavoro per chi produce apparecchi.
Stavolta vorremmo fare i reazionari e girare un po’ la frittata: nel caso l’industria delle televisioni vada male si riconvertirà in qualcos’altro, o no?
E finalmente saremo liberi da format di reality show vecchi di vent’anni, da padelle incrostate, da amici che si ritrovano dopo essersi azzannati e da materassi garantiti a vita! Sai che soddisfazione una sorta di risveglio delle coscienze, superata la fase quasi freudiana del divano post-cena?
Ma non cantiamo vittoria troppo presto: se gli italiani sono inclini al vizio, e allo spegnimento del cervello, abbiamo la certezza che nel tablet si sia già incarnato il degno sostituto del tubo catodico. Per potersi rincoglionire ovunque, anche laddove il piccolo schermo non era comodo da portare. Come in metropolitana. A quando il dito premuto sul tanto romantico off per imparare qualcosa che né tablet né televisioni potranno mai dire?