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La nuova colpa di Donald Trump, ancor prima di vincere o perdere le elezioni presidenziali? Quella di ribassare il mercato dell’arte.
Inizieranno in ritardo, infatti, le aste di Sotheby’s, Christie’s e Phillips, posticipate alla terza settimana di novembre. Il clima di incertezza politica, infatti, pare si rifletta negativamente anche sui mercati di quella che – per antonomasia – è il bene rifugio per eccellenza nei periodi bui. O che, almeno, lo era una volta – quando bastava arrotolare una tela in un tubo e scappare da un Paese. Oggi, nel millennio delle libertà a ogni costo, chissà se un’impresa del genere sarebbe possibile. Mah. Fatto sta che gli occhi del mondo sono tutti puntati agli USA, e che questa prudenza, da due legislazioni a questa parte, non si era mai vista.
Gli economisti che studiano il mercato dell’arte, tra l’altro, concordano sul fatto che, anche se l’arte ha un mercato molto particolare, fatto di bolle e sgonfiamenti, generalmente segue le stesse tendenze che si evidenziano in altre attività e Stephen Suttmeier, analista di ricerca per Merrill Lynch Global Research – riporta The ArtNewspaper – ha concluso che dal 1928, l’indice Standard & Poor’s 500 è sceso del 2,8 per cento, in media, durante tutte le elezioni senza un presidente in carica cerca di rielezione, esattamente come in questo caso.
Darius Spieth, economista d’arte alla Louisiana State University, è un altro che sposa l’idea di spostare le aste su una logica comportamento dei consumatori, perché negli acquisti c’è spesso una componente che riguardo lo stato d’animo.
Perché dopo tutto l’asta è un’offerta, e le persone prendono decisioni in una frazione di secondo. C’è bisogno insomma, di un motivo anche psicologico. E Trump sembra aver blindato anche questo. Non sarà un po’ troppo? (MB)