17 marzo 2015

Italia che “magna” macina ancora

 
L'Italia che “mangia” alle spalle dello Stato e che versa tangenti non è una novità. Il problema è quando ci si fa il callo, a certe notizie. Mentre si aspettano pene più severe che ora, magicamente, sembrano arrivare.

di

I nostri nonni più lamentosi avrebbero detto “Povera Italia”, o “poveraccia” meglio ancora. 
Quelli che invece si passano mazzette, poveri non lo sono affatto. Ieri lo scandalo: Ercole Incalza, ex dirigente del Ministero dei Lavori pubblici, è stato arrestato su richiesta della procura di Firenze insieme ad altre quattro persone, tra cui l’imprenditore Stefano Perotti,  presidente di Centostazioni spa.
Tutto parte dal nodo ferroviario della TAV di Firenze, ma ci sono in mezzo anche l’autostrada Orte-Mestre, e il Palazzo Italia di Expo. Grande opere macchiate di corruzione, induzione indebita, e “turbata libertà degli incanti”. Riporta il Fatto Quotidiano: “Incalza è stato indagato ben 14 volte, uscendone però sempre indenne. Il suo nome ricorre nelle carte delle principali inchieste sulla corruzione nelle grandi opere, da Mose a Expo passando per la “cricca” di Anemone e Balducci. Cosa che non ha fermato la sua carriera in seno al ministero”. 
Già, perché la penisola ha dimostrato in maniera lampante che le condanne in Italia sono un po’ una garanzia di successo: più se ne hanno addosso, e più gravi sono le accuse, più tutto finisce in una splendida fenice. A bruciare, ovviamente, sono i soldi. 
Ora però il Governo non ci sta, e ieri ha presentato in commissione Giustizia del Senato l’emendamento sul falso in bilancio al decreto legge anticorruzione, annunciato da mesi dal Guardasigilli Andrea Orlando. Renzi grida al miracolo, il M5S parla di “Godot”, visto che era da tempo che si aspettava questa normativa, e ora ci si preoccupa perché il testo non arriverà in aula prima dell’inizio della prossima settimana. 
Cosa cambierà? Per esempio il falso in bilancio tornerà ad essere un reato, dopo la depenalizzazione decisa durante il governo Berlusconi, che di fenici se ne intende eccome.  
Certo che se per muovere le acque bisogna arrestare quattro dei massimi vertici alle Infrastrutture italiane (e ci chiederemmo anche come sono state realizzate queste grandi opere a livello tecnico, se già non si intuisse la risposta) viene solo in mente una cosa: che dietro agli squali si nasconde un altro branco di predatori, più piccoli. Che continuano a divorare il Paese ad ogni passaggio cruciale. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui