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26
gennaio 2017
Al primo posto, manco a dirlo, la Danimarca, e a seguire Nuova Zelanda, Finlandia, Svezia, la nostra vicina Svizzera e poi Norvegia, Singapore, Olanda, Canada, Germania, Lussemburgo, Regno Unito…al 18esimo posto gli Stati Uniti e poi via, verso il 60esimo: Italia.
Che classifica è? Quella dei Paesi più corrotto, mappati da Transparency International, secondo una nuova edizione del CPI, ovvero “Corruption Perceptions Index”, progetto che dal 1995 misura la percezione della corruzione nel settore pubblico. Peggio di noi? Tutta l’Africa, la Turchia, la Russia.
Meglio di noi vanno pure la Romania e l’Ungheria. Insomma, saremo corrotti ma non troppo, ma bene bene non va.
A cosa è dovuta, però, questa corruzione e ineguaglianza? Secondo il rapporto tutto è strettamente connesso, anche, al disincanto dei cittadini nei confronti della politica in tutto il mondo.
E invece “Non sorprende che i Paesi che possiedono le legislazioni più avanzate in fatto di accesso all’informazione, diritti civili, apertura e trasparenza dell’amministrazione pubblica sono meno soggetti alla corruzione”, recitano le conclusioni della classifica.
Ad ogni modo, giusto per non farla troppo tragica, diamo a Cesare quel che è di Cesare: dal 2012, anno della legge anticorruzione, l’Italia è risalita: dal 72esimo al 60esimo posto. Speriamo che, parlandone pubblicamente, una nuova consapevolezza anche tra i semplici italiani possa uscire allo scoperto, ed essere una piccola ancora per guardare ad un futuro un po’ meno torbido. Magari partendo da primi cittadini illustri, di nuovo agli onori della cronaca. E non per “onori” nel vero senso della parola. (MB)