14 maggio 2015

La classe media chi?

 

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In Italia non se l’è mai passata troppo bene, separando il nord dove è sempre stata riconosciuta come “operosa” – a parte qualche sbandata, quando per esempio si è incrociata con la “Milano da bere” per cui la classe media si è ritrovata in compagnia di nani e ballerine – dal sud che invece ha conosciuto solo eccentrici nobili alla Tomasi di Lampedusa e ceti rurali più o meno in ascesa. Ma ben poca borghesia. 
La middle class, insomma, è un fenomeno molto anglo-americano, con un solido epicentro in Gran Bretagna, dove è sopravvissuta pure a ribaltoni storici e ai pesanti attacchi della signora Thatcher, e una versione più “New Frontier” negli Usa, dove per anni è stata sinonimo dell’American Dream. 
Ora però pare che anche in quelle aree evolute l’aria stia cambiando e il termine middle class rischia di diventare una parolaccia. In un recente discorso già in campagna elettorale Hillary Clinton si è guardata bene dal pronunciarla, preferendo il più inoffensivo “everyday Americans”. Altri come il “socialista” (sua la definizione) Bernie Sanders, senatore del Vermont, hanno appena parafrasato la locuzione in “ordinary Americans”, tanto che alcuni commentatori americani ipotizzano la scomparsa di queste due parolette dalla campagna per le prossime elezioni presidenziali.
Che è successo? Semplice: da anni middle class fa rima con ansia, incertezza del futuro e allude a un tenore di vita tristemente sceso negli ultimi anni. Niente a che vedere, insomma, con la graziosa cartolina della famiglia che lavorava, metteva i soldi al pizzo per comprarsi una casetta con il backyard verde e ogni tanto si concedeva una vacanza in Europa o, al peggio, a Disneyland. La middle class americana si è avvicinata allo stagnante ceto medio italiano o, se vogliamo, il termine middle class è divenuto globalmente sinonimo di sfiga e di altre poco amene realtà. Il caso della Grecia con la classe media ridotta a brandelli è particolarmente eloquente.    
Che ce ne frega a noi? La cosa non è così indifferente, specie se si pensa che gli Usa fanno da apripista per molti comportamenti e tendenze che poi arrivano da noi con lo scarto di appena un po’ di tempo. Ragioniamo quindi sui fatti nostri. Se l’operazione di Matteo Renzi è di sfondare al centro, area politica normalmente abitata dal ceto medio (o da quel che resta di questo), e se per riuscirci deve contenere da un lato le insofferenze dei suoi e dall’altro gli appetiti (deboli e inoffensivi, alla fine) dei vari centristi alla Alfano, di quel che resta dei montiani e di altre pseudo formazioni allo sbando, lasciando ai margini gli estremismi di Salvini, dove andrà veramente a parare? Forse il nostro Presidente Comunicatore deve come minimo prendere lezioni da Hillary e aggiornare in fretta il suo lessico. Il rischio è che parli al vento, che più che occupare il centro, si installi su un vuoto. Che per giunta neanche vota più.     

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