23 dicembre 2015

La laurea uguale per tutti

 
Forse siamo di fronte a un bel passo avanti: niente più lauree di serie A e B, ma l'equipollenza dei titoli “artistici” a quelli più classici. Forse, da qui, nascerà anche un possibile nuovo rispetto delle professioni e delle professionalità

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Il luogo dello speciale incontro è il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma; le parti sono quelle del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca, e il Mibact, rappresentati rispettivamente da Stefania Giannini e Dario Franceschini. Sul piatto? Un decreto che avrà un valore storico, e che apre – almeno idealmente – la strada per un nuovo rispetto. 
I due dicasteri, infatti, hanno firmato per il riconoscimento dell’equipollenza rispetto alla laurea, alla laurea magistrale e al diploma di specializzazione, dei titoli di studio rilasciati dalle scuole e istituzioni formative di rilevanza nazionale che operano nei settori audiovisivo e cinema, teatro, musica, danza e letteratura di competenza del Mibact.
«È il primo passo di un percorso per investire sulle capacità creative dei giovani talenti italiani. L’alta formazione culturale è l’autentico motore economico del Paese, è doveroso riconoscerla pienamente», ha detto l’infaticabile Franceschini. Vero, è doveroso riconoscere i titoli, nonostante le differenze, per la creazione di professionalità riconosciute; perché le scuole legate alla cultura in senso artistico o creativo non valgano meno di qualunque altra facoltà universitaria. “In attuazione di quanto previsto dalla “Buona Scuola” sono state poi messe in campo specifiche azioni come il potenziamento dell’Arte nei programmi scolastici e lo sviluppo di specifici percorsi di alternanza scuola-lavoro nell’ambito di istituzioni che si occupano del patrimonio culturale”, si legge nel comunicato. Che insomma la cultura prenda un’altra posizione, anche in base alla Legge di Stabilità che per la prima volta non toglie fondi al settore? Forse, partendo proprio da un riconoscimento dell’educazione (anche simbolico, certo, perché una laurea spesso non fa un mestiere), ci sono buone speranze. (MB)

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