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Pier Paolo Pasolini, possiamo tirarlo in ballo anche noi – visto che in questo quarantennale dalla scomparsa chiunque ha fatto riferimento al suo lavoro, ha scritto qualcosa per lui e su di lui, è stato ispirato et similia – ricordava come ci aveva istruito sull’anarchia del potere.
Il potere, diceva l’intellettuale, non segue nessuna logica, ma solo quella che gli fa più comodo. Intrecciandosi, avviluppandosi su sé stesso, e aprendo sempre scenari inediti che poi, per chi sa osservare, divengono repliche infinite di meccanismi collaudati.
Perché questa premessa? Perché c’è una persona, in Italia (meno nel mondo, per fortuna) che il potere lo incarna. Si chiama Papa Francesco, e in questo momento è in Africa a dire come il terrore sia alimentato dalla povertà e dalla paura, dalla sfiducia e dalla disperazione. E che dunque, la lotta contro di esso, deve essere fatta di uomini e donne che credono nei grandi valori spirituali e politici.
Chissà che ne pensano i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, che grazie al loro lavoro, riportato nei due volumi Via Crucis ed Avarizia, sono stati messi a tacere con l’accusa di aver svelato segreti di Stato Pontificio. Non una parola sui documenti compromettenti che analizzano, solo una ammonizione per aver “trasgredito” e aver cercato di mettere in luce la verità che non si può dire.
Dunque, caro Francesco, ci sono questioni che non si possono rivelare, giusto? E dunque siamo sempre lì: l’ignoranza genera “ossequi”, gli ossequi fanno parte di un chinare lo sguardo, lo sguardo chinato è succube della paura, la paura fa il terrorismo. Et voilà: equazione giusta?
Calcolo, il nostro, messo a fuoco tentando di vedere i fatti in trasparenza, nel loro semplicissimo porsi. Le sovrastrutture? Le vorremmo lasciare al Signore dei prestigiatori, Francesco appunto, e alla sua grande aura luminosa dalla sfondo buio. (MB)