24 settembre 2015

La responsabilità diretta delle parole

 
Tengono banco nelle cronache di questi giorni due notizie di condanne: la prima a Erri De Luca, per aver "istigato" il movimento no tav, la seconda a Umberto Bossi, per aver appellato come "terrone" l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Due parole che vengono pesate con la stessa misura?

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Uno è un autore con piglio politico; l’altro è un politico dal piglio tragicomico di chi è ormai è l’ombra delle proprie idee. Uno è Erri De Luca, che si era schierato a favore di un “sabotaggio” della TAV ed è stato preso per bombarolo, istigatore di frange violente di attentatori contro l’infrastruttura nascente in Val Susa, che collegherà Torino a Lione. L’altro è un Umberto Bossi, che nel 2011 durante un comizio in provincia di Bergamo diede del “Terùn” al capo di stato di allora, Giorgio Napolitano. 
De Luca si è beccato una richiesta di condanna di 8 mesi di carcere, Bossi di 18.
Sulle pagine de “Il Giornale” di ieri si mettono i due reati “di idee” quasi sullo stesso piano: se non si condanna De Luca non si deve condannare nemmeno Bossi, e viceversa. 
Il motivo? Non è giusto tappare la bocca: ognuno deve dire quello che pensa.
Ci risiamo, la libertà di espressione (e la relativa censura), vengono scambiate per la libertà di offendere o, più che altro, di disprezzare le autorità e lo Stato.
Che poi questo tempo povero di idee e parole lo permetta, non tanto nei comizi quanto in quelle osterie pubbliche che sono i social network dove tutti possono blaterare il pensiero del momento, è un altro paio di maniche. 
Ma ci si aspetterebbe un livello vagamente superiore da chi, da decine d’anni, si occupa di politica, ma anche in questo caso la classe non è mai stata acqua.
Nemmeno quella di De Luca, che sarà anche stato rivoluzionario, ma che non ha infangato nessuno schierandosi dalla parte di chi non vuole che un’opera pubblica massacri una valle: è un’opinione, scomoda come quella di tanti suoi “colleghi” del passato, e per questo perseguitati dallo Stato.
Bossi, al contrario, non ha espresso nessuna idea e tantomeno non è perseguitato da nessun governo, anzi, ne fa parte in toto. E non c’è proprio di che lamentarsi se qualche superiore che ha sempre foraggiato la vecchia Lega – leggi lo stesso Stato italiano – si incazzi un po’ (perdonateci il termine) di fronte a questa “idea” poco simpatica e per niente acuta del vecchio Senatùr. (MB)

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