13 dicembre 2016

La rete non dimentica

 
Il tempo non cancella, almeno su Google. Il Garante della Privacy ha rigettato le richieste di un indagato, desideroso di "obliarsi". Ma l'interesse pubblico della notizia la fa da padrone: quando è giusto, e quando invece non è il caso di "insabbiare"

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Se la vostra coscienza non è pulita figuriamoci se potrà mondarvela una pagina Google. Eppure, in effetti, per alcuni “scomparire” dall’indicizzazione della rete potrebbe essere una manna dal cielo. Peccato che non sempre sia possibile, e men che meno se il Garante della privacy decide che – in caso di grave reato, e di conseguenza di notizia di interesse pubblico – le notizie che vi riguardano debbano restare nel brodo della rete, consultabili.
Il caso arriva perché un ex consigliere comunale, coinvolto in un’indagine per corruzione e truffa, ha chiesto al motore di ricerca più famoso del mondo di “deindicizzare” alcuni articoli che lo riguardano. Dopo il no di Google la richiesta al Garante, che a sua volta ha rigettato la richiesta, chiarendo che se il tempo resta una componente essenziale per invocare il diritto all’oblio, la circostanza incontra un limite se le informazioni di cui si chiede la “deindicizzazione” riguardano appunto reati gravi e che hanno destato un forte allarme sociale. Insomma, la lezione attuale è che c’è poco da dimenticare, e per certi versi un poco ci consola: dovremmo dimenticarci di qualcosa solo perché si ha la possibilità di oscurare delle pagine? Fino a qualche anno fa non sarebbe potuto succedere. Ci provarono con i roghi di libri, e anche con quelli umani, tentando di far dimenticare, di sparire, di impallidire la storia. Se un imprenditore si macchia di corruzione è facile chiedere di chiudere un paio d’occhi, specialmente con la concupiscenza della rete. Che si pone invece come un giudice imparziale, e dalla grande memoria, almeno per un altro poco. (MB)

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