Categorie: Il fatto

Lady Obama per l’arte

di - 2 Maggio 2015
In America, anzi a New York, ci sono alcune cose che – nonostante tutto il cinismo che si può riversare negli eventi – toccano sempre. Uno è l’amore per i vigili del fuoco (vi ricordate i bambini che intonarono Empire state of mind in occasione dell’anniversario dell’11 settembre, nel 2013, con gli omaccioni commossi?); poi c’è la meraviglia e il rito collettivo del baseball (allo Yankee Stadium del Bronx, in particolare); poi c’è l’arte. Sempre viva e con l’impressione che mai Cina, America Latina, Emirati, Russia e chi più ne ha più ne metta, riusciranno a scalzare il fascino che esercita la Big City sugli artisti di tutto il mondo.
Il nuovo Whitney ne è la dimostrazione, e la presenza di Michelle Obama (insieme al sindaco Bill De Blasio) è la ciliegina sulla torta delle meraviglie messa in piedi dal nostro Renzo Piano, per il museo più americano degli Stati Uniti.
«Mi sono innamorata dell’edificio. Si tratta di uno spazio sorprendente. Una visita, una performance, un tocco…e chissà cosa scatenerà nella fantasia di un bambino. Forse qui potremmo scoprire la prossima Carmen Herrera, o Archibald Motley, o Edward Hopper, o forse anche il prossimo Barack Obama. Questo è il potere di istituzioni come il Whitney. Aprono le porte a un mondo più ampio possibile, sia per gli artisti che raccolgono, sia verso i giovani che crescono. Questo è ciò che accade. E oggi io sono orgogliosissima di essere qui e davvero non vedo l’ora di scoprire l’impatto che questo straordinario museo avrà negli anni a venire», sono state le parole della Signora Obama.
«Sapevamo già di essere la mecca del mondo dell’arte, ma nel caso sia necessario renderlo più chiaro, ecco che questo museo lo fa. Come newyorkesi siamo estremamente orgogliosi. Siamo orgogliosi che il pubblico di tutto il mondo venga a vivere, e vedere, la nostra vita culturale», sono state invece le parole di De Blasio.
Insomma, New York non molla la sua stella. Ma anzi si conferma in tutto e per tutto nel ritratto che traccia Flora Miller Biddle, Presidente Onorario e nipote di Gertrude Vanderbilt Whitney, del “museo ideale”, citando Goethe: «Un museo non deve essere mai finito, ma senza limiti e in movimento». Come quella Grande Mela che da sempre incanta anche gli stessi americani, stregando pure la First Lady. Ed ora via alle danze, con oltre 600 opere di 400 artisti, nella mostra più ampia mai realizzata nella storia del museo. (MB)

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