14 settembre 2015

L’Italia vince, ma manca di stile

 
È costata, oltre che cara, un mare di critiche la gita a New York di Matteo Renzi per vedere la partita di tennis tra Pennetta e Vinci. Ma c'è anche chi sostiene il Premier, mentre l'Italia risale la china. Almeno nelle “arti”

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Prima di lui solo Sandro Pertini, che esultava nel 1982 per la vittoria calcistica dell’Italia ai Mondiali. Ieri, invece, Matteo Renzi che a New York ha assistito allo storico match tra le tenniste Pennetta e Vinci. L’italiano medio, come da sempre è definito il nostro premier, stavolta ha abbracciato un fatto storico, di quell’onore italiano che si misura in fatto di “arti” nel senso più lato del termine. E lo sport è una di queste muse, forse la più travolgente dei nostri giorni, colei che ancora ci fa sentire ancorati alla bandiera. 
Ricordiamo, però, che non c’è stato solo il tennis, ma anche i due giovani pianisti Luca Buratto e Alberto Nosè, che hanno vinto rispettivamente il premio “Honens’”di Calgary e il “Montecarlo Piano Master”.
«Due risultati di cui l’Italia deve essere orgogliosa perché dimostrano, ancora una volta, la vivacità, la forza e il protagonismo dei nostri musicisti nel mondo», ha dichiarato il Ministro Franceschini. 
Ma allora, cosa c’è che non va? Per esempio che Renzi pare abbia speso, per vedere la partita, qualcosa come 150mila euro secondo i calcoli di Marco Palombi del Fatto Quotidiano. Tutto denaro pubblico, dei contribuenti, ovvero di chi paga le tasse. 
Ma si sa, il nuovo refrain dopo le tragedie del regno di Mario Monti e l’impassibilità di Letta, è che l’Italia è ripartita: quindi avanti tutta, anche con queste dimostrazioni di “sostegno” nazionale (e popolare), almeno secondo qualcuno.
Eppure il rischio, anzi una verità conclamata (oltre a questo nuovo e benvenuto attaccamento al Paese), è che si reiterino le vecchie politiche del “magna magna”. 
Per chi parla tanto di spending review queste “piccole” spese dovrebbero essere una sorta di fiore all’occhiello da eliminare in nome di una ritrovata sobrietà che non vuol dire “lacrime e sangue”, ma solo il buon gusto di non sbattere in faccia agli italiani un conto che nella realtà dei fatti, forse, sarebbe stato vagamente più contenibile. 
Palombi definisce Renzi un Fantozzi, summa di tutti i cliché italioti; ma più lucido forse è il nemico numero uno del premier, Gianni Cuperlo, che stavolta ne ha preso le difese: “È un fatto storico che il presidente del Consiglio vada a portare la presenza del Paese in un momento così significativo per lo sport: mi pare ragionevole, legittimo, rispettabile”. Ben venga, insomma, l’Italia che vince, che ci fa onore, che ci piace. Sarebbe bastato per il premier, forse, farla un po’ meno “sporca”. E con un po’ più di stile. Quello che tutt’ora manca alla classe politica italiana, e che dovrebbe imparare dalle “arti”. (MB)

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