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State tranquilli, a fare il week end a Londra, a Frieze o alla Tate potrete andarci lo stesso. D’altronde, noi, siamo i privilegiati per eccellenza, quelli dal “passaporto facile”, che nelle città di mezzo mondo soggiornano, vedono, e tornano. Il problema sarà per chi vuole restare a lavorare, per coloro che cercheranno, in Inghilterra, l’America.
“A fare la differenza saranno i dettagli della politica dell’immigrazione post Brexit”, si legge sui quotidiani di mezzo mondo, e annunciano le ANSA, ma su queste postille quelli Downing Street rinvia l’annuncio a tempo debito.
Come sarà, come non sarà, appunto lo vedremo ma quel che è certo è che quella che era l’Europa – dalla quale il Regno Unito ha scelto di uscirne – si continuerà ad assottigliare, in barba alle unioni legate all’inglese lingua globale e alla moneta unica.
Addio, in questo caso, alla libertà di movimento che in teoria poteva restare in vigore per un periodo di transizione di tre anni dopo la Brexit, quindi fino al 2022, e invece i tempi corrono e la Premier inglese ha ben deciso di alzare il suo bel muretto “legale” contro gli usurpatori del territorio e del lavoro anglosassone.
Un bel risultato, insomma, che terrebbe le porte ben serrate rispetto a quegli immigrati in arrivo dal Continente che, dopo l’inizio dell’articolo 50 (secondo il quale ogni stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea conformemente alle sue norme costituzionali, informando il Consiglio della sua intenzione e negoziando un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione stessa), tenterebbero di stabilirsi all’ombra di Buckingam Palace. E chi c’è già? Forse, ma è tutto da verificare, non avrebbero più il diritto di rimanere in modo permanente nel Paese, ma solo avere un visto di lavoro. Poi vedremo il futuro, che da qui pare bello che scritto. (MB)