Ha 39 anni, è il più giovane Presidente francese, e ha letteralmente stracciato l’estrema destra di Marine Le Pen.
Ecco Emmanuel Macron, oltre il 60 per cento dei voti alle urne nella pagina di astensione più forte degli ultimi 50 anni: non c’era così poca affluenza ai seggi, stando alle proiezioni, dal 1969.
Un bel discorso a caldo, consapevole e arguto, per parare il colpo: “Rispetto la decisione di chi ha avuto dubbi, mi rendo conto che il voto a cui siete stati chiamati è stato fra due estremi, ma ora mi adopererò per proteggere i più deboli, per garantire l’unità della nazione”, ha dichiarato il neo-presidente, aggiungendo la volontà di “difendere” la Francia (e speriamo non solo in termini di “terrore”) e l’Europa.
In agenda, da subito, la “lotta” per il cambiamento climatico, e un machista “Non mi lascerò fermare da niente, da nessuno”, ma ha anche aggiunto: “So che non mi volete dare carta bianca. Mi rendo conto”. E meno male, anche perché non sarà facile riconquistare i cittadini francesi, piegati un po’ dalla paura e un po’ dalle onde dell’incertezza, dopo il regno edulcorato di Hollande. Per i giornali ha vinto, appunto, l’Europa, dopo Trump e la Brexit. E, aggiungiamo, hanno vinto le banche visto che, è inutile negarlo, Macron è stato banchiere d’affari in Rothschild e anche advisor della Nestlè nell’acquisto della divisione di prodotti per bimbi di un’altra holding mondiale, la Pfizer.
Il candidato della France Insoumise, Jean-Luc Melenchon, ha invece denunciato il programma di Macron bollandolo di essere “contro le conquiste sociali del Paese e le responsabilità ambientali”. E se il 12 per cento stavolta ha infilato nella buca una scheda bianca, forse, Macron dovrà cercare di lavorare anche su questo sintomo. Perché forse non si tratta soltanto di decidere se banche o xenofobia, al di là dei risultati. (MB)