Categorie: Il fatto

Musei dei miracoli

di - 18 Ottobre 2016
La Reggia di Caserta è la residenza reale più grande del mondo, diventata patrimonio Unesco nel 1997. In questi anni ne abbiamo sentite di tutti i colori, compreso il fatto che alcune famiglie vivevano abusivamente in alloggi all’interno del parco, ad affitti irrisori. Sarà merito che il Ministro Franceschini una conferenza stampa e una no le fa da queste parti? O sarà il fatto che il nuovo direttore Mauro Felicori, da Bologna con rosso furore, ha compiuto il miracolo. Ovvero ha svegliato il sito dall’immobilismo, accusato prima di lavorare troppo – e solo in Italia poteva essere mossa un’accusa del genere- poi sgomberando e infine comunicando, e svegliando la bella addormentata campana che in un solo anno ha incrementato del 30 per cento i suoi visitatori.
E in una lunga intervista con Luca Orsi Felicori racconta del suo successo: «C’è chi ha cercato di difendere un clima di concertazione che, nella generale inefficienza, veniva comodo. Io ho scardinato il quieto vivere. Perché sono convinto che l’inizio di una nuova stagione del Sud comporti una certa battaglia culturale. E quando vedo atteggiamenti che non aiutano la Reggia, combatto». Atteggiamenti, diremmo, che non hanno aiutato l’Italia, mentre di questi tempi, tra Forum e nascita di “Council”, nuove nomine e fondi alla cultura nella Legge di Stabilità, qualcosa sembra cambiato. Anche agli alti vertici, perché in effetti non è vero che le rivoluzioni partono sempre dal basso; a volte il basso è ben felice di essere “suddito” in un bel silenzio avvolgente, e chissenefrega se si finirà tra gli ignavi.
Sia chiaro, la lezione di Felicori non sarà di certo l’unica plausibile, ma sicuramente aiuterà – almeno nelle intenzioni sottese – i nuovi direttori che entreranno ai Parchi Archeologici per esempio. «Il fatto che io sia lì, tutti i giorni, aiuta», spiega il direttore, parlando del successo e dell’obiettivo di arrivare al milione di visitatori nei prossimi tre anni, che aggiunge: «Le aziende culturali sono fatte di persone. E le persone cambiano lentamente. Ma si vedono piccoli miglioramenti».
Già, perché la cultura, nonostante tutto, non è solo social. E lo hanno dimostrato anche le 12mila persone che, nel primo giorno dell’opening del Pecci si sono messe in fila per entrare nel nuovo museo. Sarà di certo stato l’evento creato e tanto atteso, ma anche questo è indice di un sentimento che – forse – cambia, per fortuna. Anche se lentamente come le persone, appunto.  (MB)

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