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Milioni di parole quotidiane sull’importanza della cultura come strategia di sviluppo; milioni di parole sul fatto che i giovani devono fare esperienza altrove e poi tornare in Italia; milioni di parole perché i centesimi investiti nella tutela e nella valorizzazione dell’arte diventino monete da un euro nella ricaduta sul territorio, figuriamoci quando si investe qualche migliaio di euro.
Peccato però che in Lombardia, ma siamo sicuri sia solo la punta dell’iceberg, il sistema universitario legato ai finanziamenti della Regione anziché far fruttare cervelli rischi la “taccagneria”. L’allarme lo ha lanciato il Rettore della Statale, Gianluca Vago, riportato anche da Repubblica: “Chiediamo di rivedere le assegnazioni previste nella legge di bilancio affinché venga assicurata la copertura del fabbisogno complessivo del diritto allo studio”. Già, perché se nel 2015 la Regione aveva stanziato per i suoi atenei qualcosa come 26 milioni, l’anno scorso si era scesi a 23, e quest’anno saranno 20: meno di un terzo di quello che le università lombarde spendono complessivamente in un anno per questo genere di servizi, che si aggira intorno ai 73 milioni di euro.
“Ci affidiamo al vostro senso di responsabilità istituzionale; l’accesso all’alta formazione dei giovani meritevoli va salvaguardato da ogni incertezza e rafforzato nel suo significato strategico per lo sviluppo culturale, scientifico ed economico del Paese”, continua Vago nella sua missiva indirizza al Palazzo della Regione.
Sulle disposizioni in base alla Legge di Stabilità che, in alcune regioni, lascia spazio all’amministrazione dei fondi ai singoli atenei ci sono altre problematiche, ma la questione è sempre la stessa: può un Paese come l’Italia che – costantemente – fa affidamento alle sue eccellenze culturali, di qualunque tipo esse siano, dalla meccanica all’artigianato, dalla cucina all’arte, fare a meno dei suoi studenti migliori, o aggravarne la condizione economica? (MB)