Categorie: Il fatto

Parigi sul podio. Per studiare

di - 2 Dicembre 2015
Le ultime drammatiche vicende non hanno scalfito il mito di Parigi. Che anzi, forse, è stata riscoperta da più parti come la culla della cultura occidentale moderna. Ma in questo caso non si tratta di miti, ma di fatti. Una recente indagine fatta da QS, un sito inglese che si occupa di informare gli studenti delle offerte d’eccellenza in materia di educazione, ha stilato la classifica delle dieci città universitarie migliori del mondo e la Ville Lumiere si è piazzata al primo posto. Perché? Basta dare voce a uno studente qualsiasi, Henry Wong, che da Oxford si è trasferito a Parigi: «Posso passeggiare seguendo le orme di Hemingway attraverso il Jardin du Luxembourg, bere un caffè nello stesso bar dove andavano Simone de Beauvoir e Sartre e avventurarmi nella Shakespeare and Company, la leggendaria libreria fondata da Sylvia Beach», spiega Wong. Cui fanno eco altri studenti che parlano di un “sogno”, anche se sottolineano i costi un po’ cari per l’affitto di una stanza mitigati da molte mense studentesche e caffè convenzionati economici e di qualità.
A questo poi si aggiunge l’offerta di ben 18 buone università, tra cui spicca la celebre Sorbonne, una mescolanza razziale più marcata che non a Oxford. E poi musei e biblioteche largamente a disposizione e fornitissime, trasporti che favoriscono la mobilità, una qualità della vita più che decorosa (e qui siamo meno d’accordo, dato l’alto tasso di inquinamento che coinvolge anche la capitale francese).
Volete sapere quali sono le altre città ideali per studiare? Nell’ordine, dopo Parigi: Melbourne, Tokyo, Sidney, Londra (aggiungiamo noi solo per studenti ricchi), Singapore, Montreal, Hong Kong, Berlino e ultima Seoul. Quasi tutte fuori mano, insomma, almeno per gli italiani. Ma Parigi è vicina, appare come un concentrato di virtù e soprattutto una città che riesce ad esprimere ancora una forte attrazione culturale. Anche sui giovanissimi che, secondo un’altra inchiesta di questi giorni, sono risultati, più che ignoranti, un po’ sprovveduti. I nativi digitali, oggi in età scolare e universitaria, non saprebbero distinguere tra informazione e messaggi pubblicitari di Google. Però amano la capitale francese e le sue università. E forse sono sulla buona strada.

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