Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
07
marzo 2017
Prima di essere messi alle forche caudine lasciateci spiegare: amiamo la street art, amiamo i disegni sui muri, gli stencil, l’arte urbana e i suoi annessi e connessi, e più volte ci siamo schierati contro i vandalismi.
Ma da qui a dire che i graffiti voluti dal Ministero dei Beni Culturali e dall’ANAS per le rampe del Grande Raccordo Anulare (GraArt è il titolo del progetto) siano la panacea di tutti i mali e il mezzo per l’unione del centro con le periferie, ce ne passa.
Il segreto è presto detto: potete dipingere tutti i muri che vi pare, invitare gli artisti più blasonati del settore, fare concorsi e ideare premi, ma se alle periferie mancano servizi primari queste aree resteranno tali. Punto.
«Il progetto GraArt unisce in modo brillante l’impegno per la riqualificazione delle periferie, l’attenzione verso l’arte contemporanea e il coinvolgimento delle imprese», sostiene Franceschini. E così, da Tor Vergata all’Aurelia si susseguono dieci nomi per dieci disegni, tra nomi romani ed europei.
«L’Italia ha investito molto sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale ereditato dal passato, ma ora è importante dedicare altrettante energie nel far fiorire i talenti e la creatività dei nostri tempi». Insomma, viva il contemporaneo. Peccato che sia sempre l’aspetto più “fumettistico” a vincere, e peccato che alle periferie si pensi sempre e solo con un rullo, un ponteggio e tanto colore in mano. Peccato che, davvero, non basta.
Servono luoghi di aggregazione e servono scuole “a portata di mano”; servono mezzi di trasporto; piccoli teatri, servono abitazioni dignitose; servono bonifiche di territori. E vale a Roma, come a Milano, Napoli, Palermo, Berlino o Los Angeles.
In questo caso i murales poco altro sono se non un “abbellimento” del paesaggio dedicato a chi passa, e che può vedere illustrate le storie e leggende della Capitale sui muri. Meglio di nulla? Certo, meglio di nulla. Meglio un palazzo colorato che grigio. Poi, col fare del buio, le luci si spengono. Sui colori, e sulle periferie. (MB)