07 gennaio 2015

Un Presidente cicerone

 
Matteo Renzi invoca un cambio nella gestione del patrimonio culturale italiano. E intanto si auto-investe della carica di cicerone per la Merkel a Firenze

di

L’appuntamento è per i prossimi 22 e 23 gennaio, quando la cancelliera tedesca Angela Merkel sarà in visita in Italia. A riceverla sarà ovviamente il premier Matteo Renzi, che segue ancora una volte le orme del “padre” Silvio Berlusconi, e del suo celebre “ghe pensi mi”. 
Già, perché il nostro Matteo nazionale annuncia che sarà lui stesso a fare da cicerone per il capo di stato della Germania, e che le farà visitare Uffizi e Corridoio Vasariano, Palazzo Vecchio e Gallerie dell’Accademia. E anche alle cene ufficiali si resterà nel bel mezzo della cultura, alla Sala dei Gigli o delle Udienze.
E così, palla al balzo, Renzi non ha aspettato altro per parlare di quello che non va, e che andrebbe rottamato-riformato nella gestione del patrimonio italiano: «Abbiamo una visione ottocentesca, dobbiamo unire l’educazione al marketing», ha dichiarato a Quotidiano Nazionale. 
Come se gli addetti ai lavori non lo ripetessero da anni, e come se non ci fossero state proposte finora. Tant’è, rendere i Beni Culturali parte integrante dell’economia di un Paese, è un processo lungo, che necessita accortezze su una miriade di fronti, e non solamente prendendo i musei come dei supermercati. Renzi, purtroppo, ha l’aria di chi cerca la svendita, l’affare, il soldo facile al risparmio, proprio come in questi giorni di saldi. 
Perché, per esempio, non far raccontare le bellezze di Firenze alla signora Merkel da qualche esperta guida, magari in lingua tedesca e senza bisogno di traduttori? Siamo sicuri che a Firenze non manchino figure del genere. Sarebbe potuto essere un buon biglietto su come la cultura, in Italia, è insegnata e promossa. E invece no, esagerando un po’ viene da dire che anche in questo caso viene dimostrato come la bellezza sia un orpello per i potenti, per farsi belli agli occhi del mondo sulla falsariga dell’affermazione che l’Italia è il Paese con più tesori del mondo.  
«Dostoevskij diceva che la bellezza avrebbe salvato il mondo, vediamo se salverà l’Europa – ha ribadito il Premier, che ha aggiunto – dobbiamo cambiare rotta».
Un’occasione poteva venire dal MiBACT e dalle nomine dei direttori generali, sulle quali Franceschini ha taciuto; un’altra arriverà domani, quando si presenteranno i bandi di concorso internazionali per i 20 principali musei italiani, e i dati di turismo e cultura del 2014. 
Grandi cifre si prospettano. E allora, se i musei davvero (?) riescono a lavorare bene – ma basta farsi un giro fuori dall’Italia, per esempio sotto le feste appena finite, per capire che funzionamento dei musei all’estero ha un altro significato –  forse è giunta l’ora di pensare a quello che resta fuori dalle mura: un’Italia intera che ancora sembra non sentire né il debito, né il grande onore di dover promuovere, in maniera salutare e non aziendale, i propri Beni artistici, paesaggistici, storici e archeologici. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui