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04
aprile 2015
Forse sarà un palliativo, ma certo è che veder sfilare delle taglie 42 o 44, anziché delle 38 o meno, e facendoci quindi l’abitudine, magari qualcosa cambierà nella società della mercificazione del corpo e soprattutto del “modello unico”.
Già, perché si parla tanto di “bellezza della diversità”, ma quello che salta sempre all’occhio è invece l’omologazione imperante di standard identificativi, e ben codificati, assunti a seconda delle età della vita e della propria collocazione nella società dei consumi.
Stiamo parlando di moda e immagini, anche se in senso ampio: primo perché le modelle sono implicate in prima persona; secondo perché è la percezione di esse ha contribuito, e tuttora mette in atto, la formazione di intere categorie di giovanissimi, che da un lato possono rifiutare il mondo (creando spessi scompensi sotto altri punti di vista), dall’altro invece fomentando il desiderio di aderirvi a pieno titolo, rifiutando la propria natura, la propria anatomia – che non è un destino, come ribadiva Freud, ma che segna la propria personalità.
In Francia per correre ai ripari dopo anni e anni di eccessiva magrezza sulle passerelle, con i risultati deleteri nell’accettazione della propria fisicità delle (e dei) giovanissime, la Camera dell’Assemblea nazionale ha approvato la normativa promossa dai socialisti per cui chiunque abbia una massa corporea al di sotto di un certo livello non potrà lavorare come top model.
Ovviamente le agenzie sono in rivolta, perché si rischia di fare di tutta l’erba un fascio, confondendo anoressia e naturale magrezza. E soprattutto perché la Camera ha previsto sanzioni fino a 75mila euro e 6 mesi di reclusione per coloro che impiegheranno ragazze sotto gli standard.
Una questione decisamente delicata, spesso discussa, e di non facile interpretazione. E che riguarda da vicino quella che è la modificazione del concetto di bellezza nella nostra epoca.
Tra le misure approvate dai deputati francesi, c’è poi anche quella contro l’istigazione all’eccessiva magrezza, punibile con una multa fino ai 10mila euro e un anno di prigione, e quella che prevede una dichiarazione esplicita sulle foto modificate per rendere le donne riprese ancora più magre.
Ma davvero si tratta di istigazione? O semplicemente, anche in questo caso, si tratterebbe di educazione e consapevolezza, sia dalla parte dei magri che degli aspiranti tali? (MB)