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09
novembre 2015
…E ora tutti scandalizzati a dire quanto è brutto, sporco e cattivo Noel Gallagher, che torna insieme al fratello Liam solo per fare un film sulla vicenda artistica degli Oasis, storica rock band inglese, e che non perde occasione per dire quel che pensa, in maniera colorita.
Aveva definito l’intervista di Fabio Fazio a Che tempo che fa “straziante”, e come dargli torto: il Fazio nazionale si barcamena sull’onda del politically correct e del progressismo, dando un colpo al cerchio e uno alla botte con il risultato di una bella sonnolenza indotta.
Ma ora sono venuti i colleghi, specialmente più giovani. Insultati dalle pagine della rivista Esquire. Ce n’è per tutti, ma visto che qui non ci interessa particolarmente la situazione delle popstar, sarebbe interessante ribaltare il discorso verso la scena degli “artistar”: quelle figure carismatiche che talvolta, come ci si accorge spesso, sembrano prodotti usciti da un puro progetto mercantile.
Che tutto questo esista, che non sia un fenomeno nuovo, che sia ingenuo pensare di cambiare la situazione già lo sappiamo bene, e dovrebbe saperlo anche Mister Gallagher, che con queste sparate aumenta esponenzialmente popolarità (e anche fan, probabilmente), ma per una volta tanto sarebbe utile capire se davvero l’eccessiva “illuminazione” di un prodotto non determini l’andamento di un mercato, o la nascita di una determinata curva se non stilistica, quantomeno di business.
Che cosa può fare il pubblico contro i “fighetti” dell’arte, della musica, del cinema? Nulla. Perché sono creati per “arringare” le folle. Che cosa potrebbe fare la critica e gli addetti ai lavori? Poco, perché si tratta di elementi congeniali al sistema economico di cui si nutre un intero settore.
E allora? E allora con buona pace di Gallagher forse l’unica cosa da fare è aspettare che i fighetti passino. E la musica resti. (MB)