In poche settimane i Simpson hanno incassato circa 522 milioni di dollari. Un successo, questo, che piazza il film al sesto posto tra le pellicole più viste del 2007. Saranno contenti quelli della 20th Century Fox. Homer e famiglia hanno abbondantemente superato
300 di Zack Snyder (al settimo posto con 456 milioni di dollari). E se consideriamo la scarsa permanenza nelle sale, il film di
David Silverman -buona la sua regia- si avvicina sempre più a
Transformers (al quinto posto con 700 milioni),
Shrek Terzo (quarto con 790 milioni) e
Spider-Man 3 (terzo con circa 890 milioni d’incasso). Risultati che fanno pensare a quanto il gusto degli spettatori sia soddisfatto da film di animazione e da pellicole tratte da fumetti e cartoni. Che sia un’adeguata risposta delle major alle richieste del pubblico o uno stratagemma per sopperire la crisi creativa di certi sceneggiatori rimpastando idee già vincenti?
Il successo riscosso al botteghino dai Simpson era annunciato, ma nient’affatto scontato. In questo caso non si può certo parlare di una scaltra ricomposizione. Anche perché il creatore
Matt Groening, che deve condividere la popolarità dei buffi personaggi gialli con
James Brooks, non ha certo bisogno di questi stratagemmi. Sarebbe un’offesa per la sua sagace inventiva. Ma perché aspettare vent’anni prima per realizzare un lungometraggio? Forse solo per assecondare la volontà di Rupert Murdock, proprietario della Fox (emittente che deve la sua fortuna proprio ai Simpson). Ma la gestazione del film avviene in un momento -non casuale- in cui la serie televisiva sta accusando la stanchezza degli anni, probabilmente con l’intento di rilanciare le puntate sul piccolo schermo.
Se questo era l’obiettivo, Groening ha fatto centro un’altra volta. È bastato poco. Anzi, pochissimo: battute pungenti, scene comiche e gag visuali qui e là, qualche citazione e una grande coerenza di stile rispetto al serial tv. Nonostante la trama catastrofista -troppo diluita e debole per reggere tutti i novanta minuti- non ci sono scene apocalittiche. L’utilizzo parziale di animazioni in 3d rende più piacevole lo spettacolo in sala, ma niente di più. Conta la comicità. E soprattutto la fedeltà del pubblico di prima e seconda generazione.
Per conquistare è bastato un trailer in cui si vede Homer che canticchia
Spider-Pork facendo zampettare sul soffitto di casa il maiale domestico di cui si è invaghito. Una scena che ha fatto ridere padri e figli scatenando una mania in internet. E immediatamente in YouTube dilagano spezzoni amatoriali di folli emulatori. Ma non tutti hanno trovato il lato comico della cosa. Gli sceneggiatori, disegnatori ed editori Stefano e Barbara, che insieme danno vita allo
Studio Dentiblù, da anni propongono sul mercato parodie a fumetti (
Kill Pig,
Il Signore dei Porcelli e
Star Porks, solo per citarne alcuni). Tra questi c’è anche
Harry Porker, pubblicazione cult che risale ormai a tre anni fa. Ebbene, la battuta di Homer
Non è Spider-Pork, è Harry Porker a qualcuno sa di scopiazzamento. E una piccola casa editrice nulla può di fronte a una major.
Però ammettiamolo: la storpiatura nasce fin troppo facile, plagi a parte. Un episodio tutto italiano che non macchia la reputazione dello straripante e superficiale Homer, suo malgrado eletto in passato “miglior americano d’America” dagli stessi statunitensi.
Insomma, il successo dei Simpson va ben al di là di questo film. Poteva bastare il riconoscimento del “Times”, che ha eletto
I Simpson come migliore serie tv del XX secolo. E invece è arrivato anche il sinistro “Libération”, che ha dedicato alla famigliola di Springfield un numero speciale.
Alla fine con l’autoironia si parano anche i colpi dei prevenuti, diffidenti per l’approdo cinematografico. Il film inizia infatti con un episodio di
Grattachecca & Fichetto proiettato al cinema, che potremmo definire “metacartoon” (il cartone animato nel cartone animato). E Homer mette tutti a tacere con una battuta che fa da preludio alla sigla: “
Ma guarda se dobbiamo pagare per vedere una cosa che possiamo gustare gratis in tivvì“. “
Tutti quelli che stanno in questo cinema”, conclude, “
sono dei giganteschi rosposecchi. Soprattutto tu“. Con questo si capisce perché i Simpson hanno aperto la strada, non senza difficoltà, a serie animate contestatarie e provocatorie come South Park e i Griffin. Si capisce perché a differenza di altri sono sopravvissuti.
Quindi, auguriamo ancora tanta fortuna ai Simpson, cui si deve moltissimo. Ma li preferiamo vedere in tv. Nella speranza che il produttore esecutivo del film, Al Jean, dica il vero negando la realizzazione di un sequel.