Prendiamo ad esempio le aste di Little Nemo organizzate da Pignatone. Non
solo sono fatte molto bene, ma sono anche interessanti. Alla fine, in questo
momento, va via una copertina di Alan Ford disegnata cosÏ e cosÏ però piace tanto ai lettori
nuovi, anche se coi suoi trenta-quarantâanni è un pezzo dâantiquariato. Poi
tutti quei disegni che piacevano a me quandâero ragazzo, e che con grande
sofferenza non potevo mai permettermi, beh, non valgono nulla e non interessano
a nessuno. Le mie piccole collezioni di fumetti di inizio Novecento non hanno valore.
Quindi il pubblico è cambiato.
Ă solo un problema che riguarda i lettori?
No, anche gli autori. Câè ad esempio un collega molto
bravo, mio amico. Avendomi fatto dei favori gli regalai un distintivo di Pogo che risaliva alle elezioni
americane degli anni â70. Ecco, se ci si occupa di fumetti non si può non
conoscere Pogo.
Questo mio collega e amico, nonostante fosse molto preparato, di lui non sapeva
nulla. E non sa nulla neppure sulla storia del fumetto. Probabilmente neppure
gli interessa saperne qualcosa. Eppure è un operatore del settore. Figuriamoci
quale può essere la reazione allâesterno.
Pur essendo consapevole che interesseranno a pochi, le mie
sono opere di nicchia che mi diverto a fare. Comunque sono lavori che
resteranno come riferimento. Saranno la base di altri studi. Del resto esistono
blog sui fumetti meravigliosi. E anche su quello si può investire per
amplificare il messaggio. Ecco, diciamo che io fornisco dei materiali per i
blogâŚ
Ora stai parlando della diffusione libera di un
prodotto a pagamento.
Per quanto la Coniglio editore faccia ottimi volumi, beh,
vende pochissimo. Da tempo sostengo la diffusione dei libri in pdf. Magari col
sistema del print on demand: non stampabili, possono essere scaricati e letti. Se il
prodotto ti piace lo acquisti e te lo spediscono a casa con un capitolo
aggiunto.
A proposito di libri: Fumettisti dâinvenzione! è in uno strano formato A4.
Molto leggibile ma anche ingombrante. PerchĂŠ questa scelta?
Ho impaginato il libro da solo. E quello, per me, era un
formato adeguato. Poi lâho sottoposto alla Coniglio, che ha deciso di
stamparlo. E a quel punto sono stato maledetto per la scelta della dimensione.
Ma ormai il lavoro era fatto e non si poteva tornare indietro.
Ora parliamo dâaltro. Nonostante le considerazioni
sulla scarsa attenzione dei lettori, si parla ancora della riconoscibilitĂ del
fumetto come arte alta. Cosa manca ancora per il suo sdoganamento?
Il salto non è stato ancora fatto. Esempi di fumetti come
arte alta non ce ne sono. Di alto artigianato, invece, ce nâè tanto. Ed è molto
interessante. Il problema, semmai, non è riconoscere gli esempi di arte alta
nel fumetto. Ma riconoscere a questo mezzo le possibilitĂ di raggiungere certi
livelli. Una possibilitĂ negata a lungo.
Quali sono i maggiori impedimenti che condizionano
questo sviluppo?
Nessun impedimento. Tutto dipende dalla posizione e
dallâapproccio dellâautore. Se qualcuno mi dice âIo farò lâartistaâ, per me è squalificato in
partenza. Non sono cose che si decidono a priori. Ci può essere il bravo
artigiano che per talento, capacitĂ e sensibilitĂ diventa un artista. Forse,
proprio in virtĂš della scorsa considerazione di cui gode il fumetto, in questo
campo è piĂš difficile trasformarsi da artigiano ad artista. Câè meno gente che
si avvicina al fumetto per fare lâartista di quanta ce ne sia nella pittura o
nella musica.
Cosa significa essere un artista?
Ecco, non dobbiamo lasciarci ingannare da questa parola. Ă
molto difficile da definire.
Penso a Sergio Toppi. Lui si è sempre definito un
artigiano.
Un artigiano che ha raggiunto delle vette che possono
essere perfino artistiche. Toppi è un autore bravissimo. Che la sua sia
considerata arte o no, beh, a me non interessa molto. Il suo prodotto è ben
fatto. Se poi fra un secolo il suo lavoro si ricorderĂ ancora, forse allora
sarĂ considerata arte.
E come giudichi il rapporto fra autore e committente?
Molti dicono che il fumetto non può essere considerato
arte proprio per questo. E soprattutto il fumetto ânon dâautoreâ.
âNon dâautoreâ. Lo dici con un certo
disprezzo. PerchĂŠ?
Il problema sta nella definizione: un fumetto è
âdâautoreâ quando a realizzarlo è una sola persona. Se oltre al
disegnatore câè anche uno sceneggiatore, non è âdâautoreâ. Questa è
la considerazione generale. Forse è perchÊ un quadro, almeno in linea teorica,
è unâopera dâarte attribuita a un solo pittore.
Comunque esistono molti esempi di âfabbriche dâarteââŚ
Sono convinto che oggi ci siano grandi artisti che in
realtĂ hanno il talento per le public relation. Rispetto questa meravigliosa
arte della promozione. Anche se poi il prodotto artistico non mi piace affatto.
Prendiamo Maurizio Cattelan e il suo dito medio in piazza Affari, a Milano. Lui
sÏ che è un genio delle public relation. Se io e te facessimo qualcosa di
provocatorio, anche se tecnicamente perfetto, ci prenderebbero a calci nel
sedere. Se invece la provocazione è lanciata da un genio della comunicazione
come Cattelan, allora quella è arte. Quindi câè unâimmagine molto deviata
dellâarte. Questa, infatti, è lâarte del farsi riconoscere.
In questo momento sta tristemente puntando su questa
seconda ipotesi. Tantissime opere che a parer mio vengono scelleratamente
considerate come il nuovo trend del fumettaro sono in realtĂ tristissime e
pallose autobiografie. Attenzione, non tutte sono davvero cosÏ noiose. Ma non è
detto che se uno inizia a far fumetti e dopo poco disegna la sua autobiografia
in centinaia di pagine questa sia arte. E il problema è che il mondo della
critica, a priori, la considera tale. La preferisce a unâonesta storia di Tex o di altri fumetti seriali.
Se uniamo queste considerazioni a quelle degli artisti
delle public relation non è che il quadro sia confortanteâŚ
Prendiamo un altro esempio: Roy Lichtenstein. Anche lui
era un artista della comunicazione. Però aveva anche una sua invenzione che lo
rende a parer mio il piĂš importante della categoria.
Allora Lichtenstein ti piace?
Ă il suo lavoro a essere divertente: ha preso e riproposto
vecchie cose. Forse è tutto un problema di sostanza. E in Lichtenstein, cosÏ
come in Jasper Johns, la sostanza câè.
A proposito di editori, mercati, autobiografie e PR: un
buon ufficio stampa quanto può condizionare la critica?
Moltissimo. Innanzitutto non esiste una vera critica del
fumetto. Esiste molta piĂš gente che ama il fumetto e a cui piace parlar bene
del fumetto. Ma questa è una cosa differente dalla critica. Quella
cinematografica, ad esempio, ha assunto delle connotazioni precise: anche un
critico deboluccio è preparato, parla del prodotto e non dellâautore in termini
folcloristici. Nel fumetto non è cosÏ. Soprattutto quando si scrive del
prodotto seriale. In quel caso non si parla mai della storia ma dellâautore.
Chiaramente abbiamo un vecchio vizio critico che vale tuttora: ciò che è noioso
e incomprensibile è anche interessante. Sia chiaro però che non nego affatto il
fumetto dâautore: apprezzo Gipi, Art Spiegelman e molti altri. Sono geniali,
bravi e innovativi. Altri sono misere copie che toccano elementi di moda tanto
cari alla critica del fumetto. Ecco, se avessi tempo e voglia disegnerei una
finta biografia in stile sfigato. E avendo una certa tecnicaâŚ
La tua finta autobiografia riscuoterebbe un gran
successo?
Forse. Ma cosa significa avere successo? Forse che
scrivono molto bene di te (ma non vendi)? O che pur scrivendo poco di te vendi
un sacco di copie? Vedi, recentemente è uscita la riedizione di un volume sulla
strage di Piazza Fontana, Un fascio di bombe, realizzato parecchi anni fa da
me, Mario Gomboli e Milo Manara. Per lâabilitĂ di promozione dellâeditore sono
usciti molti articoli su questo libro. Ma nessuno si è degnato di leggerlo, e
questo si capisce benissimo. (Se fossi un critico ci andrei giĂš pesante per i
tanti errori.) Ecco, uno potrebbe pensare al boom dellâanno. Invece abbiamo
venduto 800 copie.
Torniamo agli autori di comic book, e chiudiamo la
nostra conversazione. Quali sono oggi i migliori?
I migliori stimoli non arrivano da quelli americani. I piĂš
grandi autori o sono inglesi o sono ebrei. O di origine inglese ed ebraica. Si
portano dietro un bel bagaglio culturale. Sono gli unici che riescono a dire
cose nuove anche nel mondo dei supereroi. Penso ad esempio a personaggi come
Frank Miller. Gente che si porta dietro la cultura europea. Secondo me il
fumetto è unâinvenzione fra lâebraico, lâinglese e lâirlandese. Tutti i momenti
migliori del fumetto americano sono infatti legati a questi tre Paesi.
Fumettisti dâinvenzione! (1)
a cura di gianluca
testa
Alfredo
Castelli â Fumettisti dâinvenzione!
Coniglio Editore, Roma 2010
Pagg. 352, ⏠24,50
ISBN 9788860632340
Info: la scheda dellâeditore
[exibart]
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