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in fumo_interviste | L’immaginario di Tunué

di - 8 Luglio 2009
Tunué – editori dell’immaginario. Una definizione che racchiude quale significato?
Prima è nato il nome. Il payoff della casa editrice è venuto solo dopo. Tunué, di fatto, è solo un suono. Lo abbiamo scelto perché desideravamo non avere connotazioni in un settore specifico. Successivamente lo abbiamo declinato meglio, scegliendo una definizione che esplicitasse il percorso editoriale. Così abbiamo scelto “editori dell’immaginario”. Perché? Beh, ci siamo sempre calati nell’immaginario collettivo.

Una definizione che trova forma nei prodotti editoriali. Dai romanzi grafici ai saggi, fino ad arrivare alla rivista “Mono”…
Questo accade perché, prima di tutto, siamo nati come portale web. Creammo il sito komix.it – fumetti @ 360 gradi. Un progetto a cui ho lavorato insieme a Emanuele Di Giorgi, ben dieci anni fa. Era uno spazio dove parlavamo non solo di fumetto, ma anche di tutti i linguaggi “affini”. Penso ad esempio all’animazione, alla grafica e all’illustrazione. Il nostro obiettivo era svincolare il fumetto dai limiti angusti imposti dagli appassionati. Desideravamo esplorare le varie contaminazioni e le relazioni tra il fumetto e il cinema, oltre che la letteratura. Poi, con la Tunué, ci siamo dedicati soprattutto alla linea saggistica.

Più frequente è il passaggio dalla carta al web. Ma voi, un po’ com’è accaduto per “Exibart” con l’onpaper, avete compiuto il percorso inverso: dal web alla carta. Con quali effetti economici?
Avevamo iniziato alla fine degli anni ‘90 con una fanzine. Poi abbiamo sfruttato le risorse tecnologiche. E la scelta di passare alla carta è stata una naturale conseguenza. Il web non garantiva uno sviluppo economico sufficiente a garantire la crescita. Così abbiamo creato questa realtà editoriale con un investimento importante se paragonato alle nostre risorse. Siamo davvero una realtà indipendente e non ci sono finanziatori alle spalle. Ognuno di noi, ad esempio, ha un piccolo lavoro che lo sostiene. Fortunatamente i lettori hanno capito da subito i nostri obiettivi. E investiamo molto in promozione (partecipiamo a oltre venti fiere l’anno) per favorire i rapporti diretti con chi ci legge.

Poi sono arrivati anche premi importanti, che immagino gratifichino, oltre gli autori, anche voi editori. Penso a Rughe di Paco Roca (premiato a Lucca col Gran Guinigi), a Metauro di Michele Petrucci (premio Attilio Micheluzzi per la miglior sceneggiatura) e Luana Vergari (Bookcrossing e A volto coperto), miglior sceneggiatrice all’ultimo Napoli Comicon…
Ci fa molto piacere che anche gli addetti ai lavori si siano accorti di quello che facciamo. Fin dall’inizio abbiamo sempre cercato di produrre libri di alta qualità. Il catalogo è cresciuto nel corso del tempo raddoppiando le uscite dei dodici mesi precedenti. Quest’anno arriveremo ad esempio a 25 graphic novel. Il tutto tenendo sempre presente la qualità della proposta artistica. Al di là della raffinatezza del segno a noi interessa la qualità della narrazione.

Ogni vostra produzione, pur fedele a se stessa, cambia nel tipo di carta, nel numero di pagine, nella stampa (a colori o in bianco e nero). È l’autore o l’editore a scegliere?
Si tratta di scelte interne, determinate fin dall’inizio. L’idea di avvicinare il prodotto fumetto al libro di letteratura è stata una delle linee guida. La qualità dei prodotti è per noi un aspetto fondamentale per veicolare il volume anche nelle librerie di varia. Di qui l’attenzione marcata alla tipologia di stampa e alla qualità della carta. Fondamentalmente siamo degli amanti del libro. Quindi abbiamo riversato nella produzione quella che prima di tutto è la nostra passione. Speriamo che il lettore si accorga di questa nostra ricerca.

La Tunué è una casa editrice ancora giovane. Il mercato come risponde alle vostre proposte?

Non siamo a livelli molto alti. Ma cresciamo come numero di vendite.

Un incremento che è causa della migliore distribuzione o della ricerca dei titoli da parte dei lettori?
Soprattutto migliora la promozione. Anche perché, dopo i primi due anni di diffusione a macchia di leopardo, abbiamo sempre avuto un distributore nazionale che ci ha assicurato certi standard. Grazie ai premi usciamo sempre di più, e ora la Tunué è conosciuta anche da chi la ignorava poco tempo fa.

Un’attenzione per il lettore che si manifesta anche con iniziative specifiche. Ad esempio la “Tunué maps” e il sondaggio, lanciato di recente. Di cosa si tratta?
Con queste iniziative desideriamo avvicinare ancora di più il popolo dei lettori al nostro mondo. Vogliamo raccontare al meglio quello che facciamo e come lo facciamo. La “Tunué maps” è un momento d’incontro tra i lettori e gli autori, che sono il vero fuoco propulsore della nostra attività. Il sondaggio ci serve invece per instaurare un rapporto diretto coi lettori per sapere cosa pensano di noi. Accettiamo suggerimenti, proposte e critiche.

In un momento in cui le riviste da edicola sono in crisi, continuate a produrne una raffinata e con un proprio carattere. Dunque cosa vi aspettate da “Mono”?
Va avanti da quattro anni. Abbiamo l’orgoglio di aver proposto un format che, per quanto sia semestrale e dall’idea particolare (con le tavole monotematiche), ha riportato l’attenzione sulle riviste. È vero, ce ne sono altre. Abbiamo visto che la Coniglio ha lanciato “ANIMAls”, e abbiamo visto con quale impatto. È giusto anche riconoscere il lavoro di ricerca di “Canicola”. Tutto questo dimostra che c’è ancora voglia di seguire le riviste. La cosa importante, per quel che ci riguarda, è che abbiano un’idea forte che guida il progetto. L’investimento è importante, perché su ogni numero si danno il cambio più di 50 autori. Abbiamo cercato di venire incontro alle esigenze degli autori con un equo compenso, pur rispettando la realtà della nostra attività editoriale e di “Mono”. A fianco di un pagamento simbolico abbiamo deciso di dare il via a una collaborazione con un ente che si occupa di adozione a distanza. Da quattro anni abbiamo quindi adottato un bambino coi proventi della rivista.

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a cura di gianluca testa


Info: la scheda dell’editore

[exibart]

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