Categorie: in fumo

in fumo_interviste | Miguel Ángel Martín

di - 30 Gennaio 2008
È l’ultimo lavoro dello spagnolo Miguel Ángel Martín (León, 1960; vive a Madrid) a Roma per presentare da Mondo Bizzarro (in questo stesso spazio, nel 2006 era stata ospitata la sua mostra Neuroworld) l’edizione italiana del fumetto -in Spagna uscirà in primavera- e, per l’occasione, anche la mostra. Quarantacinque tavole ad acquarello, ecoline e china su carta, di cui la metà pubblicate in Bitch e tutte le altre inedite.
Protagonista è la giovane writer Leni, conosciuta come Bitch, che, con i suoi amici con cui condivide ideali e azioni politiche, vive nel centro sociale Spraycan. Bombolette spray, quindi, che sparano nuvole di colore all’insegna del no war, nemici con le croci uncinate, rospi tossici, tatuaggi e piercing, rave party, pasticche e cariche della polizia tracciati con quel tratto nitido -altrove definito “freddo e distaccato”- sullo scenario di un’Europa “indebolita dal materialismo e corrotta dal capitalismo, dove non ci sono più ideali”, come scrive Martín.
Conosciuto a livello internazionale, ha pubblicato le sue strisce disincantate su riviste come El País, Marie Claire, Primera Línea, Maxim e Rolling Stone, conseguendo vari riconoscimenti. Il più recente è il premio XL-Repubblica al Napoli Comicon 2007 con The complete Brian the Brain. In Italia è di casa, assiduo frequentatore dei centri sociali, a partire dal Forte Prenestino fino al Leoncavallo, cui deve tra l’altro il supporto nell’azione di sostegno con appelli alla libertà di stampa e di espressione del volume Psychopathia Sexualis, che tratta l’argomento “scomodo” del degrado umano con violenze e abusi sui minori. Proprio nel nostro Paese il fumetto -già pubblicato in Spagna nel 1992- e la casa editrice Topolin furono sospettati di pedofilia. Il volume è stato al centro di una pesante querelle tra censura, sequestro delle copie e cinque lunghi anni di processi, terminati con l’assoluzione con formula piena della Corte suprema di Roma.

Come nasce Bitch e qual è la sua storia?

Il personaggio principale del volume, Bitch, è una giovane graffitista. È ispirato a una ragazza spagnola che ho conosciuto anni fa. Il contenuto delle storie è basato in parte sull’immaginazione, in parte sulla mia esperienza personale nei centri sociali italiani. La tematica è cultura piercing, modificazione corporale estrema, anti-globalizzazione, razzismo.

Frequenti spesso i centri sociali?
Non tanto in Spagna, dove ce ne sono pochi, quanto in Italia. Il mio primo fumetto pubblicato anni fa in Italia, Psychopathia Sexualis, fu sequestrato e sono stati proprio i centri sociali a darmi il supporto per la sua liberalizzazione. Sono stati organizzati incontri, mostre e tavole rotonde contro la censura.

Hai dichiarato che “stiamo vivendo un neofascismo orwelliano”. Nei tuoi fumetti è costante la denuncia del “mondo degenerato”. In questo clima negativo c’è comunque uno spiraglio di ottimismo?
Sì. Io sono ottimista. Se non lo fossi non disegnerei fumetti. Vivere di fumetti, infatti, è molto difficile.

Razzismo, emarginazione, omosessualità, terrorismo nichilista. Il lettore viene catapultato in una dimensione in cui la reazione, positiva o negativa che sia, è comunque molto intensa…
Penso che la cosa importante sia suscitare una reazione. Se la reazione è positiva, bene. Se è negativa, meglio ancora. È tutta pubblicità. La vita va presa con umorismo.

Ritieni di avere senso dell’umorismo?
Sì.

Rispetto a quando hai iniziato la tua attività, a metà degli anni ’80, quant’è cambiato il clima culturale?

La società è diversa, in Spagna come in Italia, in Europa e in tutto il mondo. Parlo soprattutto della società occidentale, che conosco molto bene. Ora in genere c’è molta meno libertà di allora. Meno libertà di espressione e azione. Per questo affermo che siamo immersi in una società orwelliana neofascista. Qualche mese fa, in Spagna, una rivista popolare satirica del giovedì [El Jueves, n.d.r.] è stata sequestrata perché in copertina c’era un disegno satirico-sessuale sulla monarchia [la vignetta hard ha per protagonista il principe Felipe durante l’atto sessuale con la consorte Letizia, n.d.r.]. I due disegnatori sono stati condannati a pagare 6mila euro. E dire che in Spagna c’è un governo di sinistra…

La Spagna, vista da fuori, sembra un Paese libero dove tutto funziona a perfezione!
No, non funziona niente. Libero? Certamente in Spagna c’è maggior libertà per i gay. Ma non è per una legge che permette i matrimoni tra omosessuali che una società si può definire “più aperta”.

Fra i tuoi personaggi ce n’è uno in cui ti riconosci di più?
No. Forse sono un po’ in tutti. In Bitch, ad esempio, mi ritrovo nelle parole della protagonista quando dice: “Mi affascina il mondo che ci circonda, però non lo capisco”. È più o meno quello che penso della realtà circostante.

A quali autori ti sei ispirato nel tuo percorso?

Mi sono ispirato a due autori. Non di fumetti, bensì di cinema. Mi piacciono molto Sam Peckinpah, regista di classici western americani, il cui film più famoso è Il mucchio selvaggio (1969). E David Cronenberg. Non a caso il mio scrittore preferito è proprio William Seward Burroughs, autore de Il pasto nudo. Da piccolo sono stato un grande lettore di fumetti, partendo naturalmente da Walt Disney. Mi piaceva molto anche il disegnatore italiano Benito Jacovitti.

Hai miti personali?
No. Nella prima pagina di Bitch riporto la celebre frase di Ernesto Guevara, Hasta la Victoria, siempre!, ma personalmente non sono ammiratore del Che. Penso però che sia interessante perché i protagonisti del mio fumetto potrebbero invece esserlo.

Che effetto fa essere definito “il miglior disegnatore europeo” da Time Magazine, “tra i 50 disegnatori del secolo” (The Face) e contemporaneamente “artista trasgressivo e polemico”?
Fantastico. Ma è tutta un’esagerazione, sia da una parte che dall’altra. La gente pensa che io sia trasgressivo e polemico? Io non mi sento così.

Come nasce e si evolve l’idea?
Il discorso narrativo viene prima di tutto. Il disegno è successivo, seguito poi dal colore.

Nei tuoi disegni sono fondamentali i volti, che inquadri in primo piano…
Mi interessa il volto perché è più espressivo.

Disegnare copertine di dischi o locandine cinematografiche è tanto diverso dal disegnare fumetti?
Sì. Perché nei fumetti posso fare quello che voglio. Invece per gli altri lavori mi devo adattare al contenuto o agli autori. Devo dire, però, che ho abbastanza libertà.

Progetti futuri?
Al momento sto lavorando al mio primo romanzo grafico, una storia di duecento pagine che si intitolerà Play love. In Spagna uscirà probabilmente a maggio. In Italia spero entro la fine dell’anno. Il testo è scritto come una sceneggiatura, dopo verranno i disegni. Una storia d’amore particolare che però non penso che sia molto romantica…

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a cura di manuela de leonardis

la rubrica in fumo è diretta da gianluca testa


Miguel Ángel Martín – Bitch
Purple Press, Roma 2008
Pagg. 128, ill. col., € 16
Info: la scheda dell’editore

[exibart]

Nata a Roma nel 1966, è storica e critica d’arte, giornalista e curatrice indipendente. Con Postcart ha pubblicato A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (2011), A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (2013); A tu per tu – Fotografi a confronto – Vol. IV (2017); Cake. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (2013), progetto a sostegno di Bait al Karama Women Center, Nablus (Palestina). E’ autrice anche Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (ali&no, 2015) e Isernia. L’altra memoria – Dall’archivio privato della famiglia De Leonardis alla Biblioteca comunale “Michele Romano” (Volturnia, 2017).

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