Alberto Breccia (Montevideo, 1919 – Buenos Aires, 1993) non si è mai vergognato di fare fumetti; anzi, ha sempre rivendicato con orgoglio la sua appartenenza a quest’arte. Nel contempo, la sua cultura (non solo grafica) di sicuro non era limitata al mondo del fumetto, di cui detestava l’autoreferenzialità. Dipingeva ma, da vivo, non volle mai esporre i suoi quadri.
A pochi mesi dalla morte, nel 1992, Breccia si vide dedicare mostre personali dalle gallerie Tour de Babel (Parigi) e Papiers Gras (Ginevra). Altre sue retrospettive sono state allestite all’interno di festival, spazi istituzionali e musei, sia prima (Angoulême, 1992) che dopo la sua scomparsa (Perugia, 1994; Lucca, 1996). Sue opere a fumetti sono state incluse in mostre collettive di rilievo, quali
By Night (Fondation Cartier, Parigi, 1996) e
Il male (Palazzina di caccia di Stupinigi, Torino, 2005).
La mostra alla Galerie Martel di Parigi, tuttavia, si candida seriamente a esser ricordata come la più importante tra quelle consacrate negli ultimi anni al
Viejo, com’era chiamato Breccia nell’ambiente del fumetto. Essa, infatti, ha presentato una selezione “ragionata” di opere tale da coprire in modo esaustivo la fase creativa principale della carriera di Breccia, quella apertasi nel 1962 con
Mort Cinder, per chiudersi solo al momento della morte.
Proprio tavole di
Mort Cinder, in discreto numero, hanno aperto il percorso della mostra. Di assoluto rilievo anche le quattro tavole provenienti da
El Eternauta, il grande capolavoro brecciano della fine degli anni ’60. A seguire, un corposo nucleo di opere a colori degli anni ’70 e ’80 (acrilico e collage) tratte dalle
Fiabe avvelenate, dai racconti di Poe, dagli
Incubi e dal
Dracula. Per chiudere, le tavole di Perramus e quelle, straordinarie, dall’
Inchiesta sui ciechi (1991).
Un altro aspetto qualificante della mostra, che ha fatto registrare un enorme successo di pubblico e un volume elevatissimo di vendite, è stata la presentazione di alcuni dei bozzetti a matita, dettagliatissimi, che Breccia usava realizzare per ciascuna pagina di ogni sua storia a fumetti. Curiosamente, questi fogli presentavano, non sul retro ma sul lato del disegno, un timbro con dicitura “Atelier Alberto Breccia”, senz’altro successivo alla morte del maestro, come dimostra il fatto che alcuni dei disegni, senza la presenza del timbro, erano già stati riprodotti nei preziosi volumi
Alberto Breccia Sketchbook 1 e 2, pubblicati dall’editoriale Ancaras nel 2003 e nel 2005.
Un discorso a parte andrebbe fatto per le illustrazioni di grande formato dedicate ai racconti di Borges: una sorta di mostra nella mostra. Tra le ultimissime cose dipinte da Breccia, questi lavori erano stati più volte indicati dallo stesso artista, nelle ultime interviste rilasciate, come la realizzazione di un sogno. Vederle finalmente esposte non poteva non suscitare una forte commozione nel visitatore amante dell’opera del
Viejo.
La stessa commozione suscitata dagli autoritratti, parte di una serie quasi infinita di lavori simili che l’artista realizzava, negli ultimi mesi di vita, alle prime ore del mattino, quando il dolore provocatogli dal suo male si faceva insopportabile. Disegnava autoritratti come un esorcismo, finché il dolore si placava e gli era possibile riposare ancora un poco.

Unico neo di questa fantastica mostra: l’assenza di un catalogo, che un evento così importante avrebbe senz’altro meritato. Ci si può consolare rileggendo i fumetti del maestro di Mataderos, in corso di ripubblicazione da parte della casa editrice bolognese Comma 22.