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in fumo_personaggi Il maestro dei maestri
in fumo
Qualche rimpianto e un paio di buoni motivi per parlare di una delle grandi icone del fantastico e dell’arte figurativa del Novecento: Frank Frazetta. L'illustratore e pittore statunitense, scomparso a 82 anni, è considerato uno dei maestri dell'arte fantasy...
è un buon modo per giocare e incrociare le idee con Rick Berry. Lui, campione
dell’arte collaborativa, genio travolgente delle arti figurative, di solito
incrocia i pennelli con i colleghi trascinandoli in intense performance a
perdifiato. Non sapendo disegnare, questo piccolo contributo è un’occasione
unica per una live action performance con Berry, per di più su una tela
grandiosa: l’immaginario di Frazetta. Ma soprattutto, mettendo subito a nudo
sentimenti ed emozioni, è un buon modo per saldare un debito. E forse anche più
di uno. Penso a quando rinunciai all’acquisto di Icon, rimasto sugli
scaffali di un libraio romano. E alla mancata presenza di Frazetta a Lucca
Games: prima quando è iniziata la mia esperienza da direttore d’area (era il
2000), poi quando lo scorso anno, dopo aver appreso della sua scomparsa, non
abbiamo potuto dedicargli un tributo perché il percorso artistico era ormai già
ideato e costruito. Ricordarlo con Rick, che in un certo senso ha dei tratti
“frazettiani”, è quindi per me un’opportunità davvero preziosa.
Quando gli ho chiesto di parlare
di Frank Frazetta, Rick ha risposto che per un artista non è semplice parlare
di un altro artista, e che nel caso del Maestro dei maestri si tratta di
una cosa buona e cattiva allo stesso tempo. Nel senso che è piacevole sedersi
di fronte ai lavori di qualcun altro e commentarli con la dimestichezza di chi
possiede gli strumenti del mestiere. Ma parlare di un autore da cui si è tratta
tanta ispirazione pone un grande problema di obiettività, e questo è il
risvolto negativo della medaglia. Allora gli ho fatto notare che con Frazetta
la questione dell’obiettività sarebbe motivo d’imbarazzo per qualsiasi artista
fantasy, e forse non solo. Così Rick mi ha detto: “Ok, hai ragione. Chi se
ne importa dell’obiettività”.
Eppure mi rendo conto molto bene
delle titubanze e dei timori che una carriera di tale portata può suscitare.
Per capire meglio il disagio di Rick – ma anche il mio – di fronte a tavole
come The Silver Warrior (per l’omonimo libro di Michael Moorcock)
o The Rider (per la copertina del romanzo del 1974 di Edgar Rice
Burroughs) può forse essere utile ricordare in breve questa straordinaria
vita professionale. Iniziata verso la fine degli anni ‘40 col duplice esordio
nel panorama del fumetto e della pubblicità, negli anni ‘60 vantava già
collaborazioni con le più importanti riviste di costume americane e
internazionali, trasformando nel giro di breve tempo l’autore in un riferimento
assoluto per i gruppi metal, che si contendevano la sua matita per le copertine
dei propri dischi. E proprio un mito della musica, il batterista dei Beatles
Ringo Starr, di cui Frazetta realizzò un ritratto di successo, gli aprì le
porte per un settore commerciale ancora più grande, quello del cinema
hollywoodiano.
Dagli anni ‘70 in poi i poster
per le locandine dei film da un lato, e il suo rapporto con le celebrità del
grande schermo dall’altro – è nota la sua amicizia con personaggi come Clint
Eastwood, Stallone, George Lucas, Bo Derek e molti altri volti famosi – fecero
salire le sue quotazioni alle stelle, e la sua firma divenne sinonimo di
talento indiscusso e senza pari. E poi la grande sfida con Ralph Bakshi Fire
and Ice, il film a cartoni animati (realizzato usando il metodo del
rotoscope, che si basa su veri movimenti umani), sviluppato proprio sui personaggi
e le atmosfere di Frank.
Insomma, sembra difficile
avvicinarsi senza remore al copertinista dei romanzi di Robert E. Howard, che
col suo tratto inconfondibile è riuscito a dar vita a una galleria di eroi
dall’energia primordiale e selvaggia, caricandoli di una tensione sensoriale
appena percettibile ma travolgente, come travolgenti erano le loro gesta. Ma
eccoci qui, noi, nel tentativo di comunicare cosa suggerivano i guerrieri, le
streghe e le principesse di Frazetta. Continua Rick: “La cosa che mi ha
sempre lasciato stupito di questo artista è la capacità di vedere l’azione nel
momento esatto in cui essa prende corpo sul foglio o sulla tela, senza bisogno
di realizzare sketches preliminari, senza dover pianificare il lavoro passo per
passo. E questo perché per lui pensiero e azione sono un’anima sola. Ma c’è di
più. La sua lunga carriera ci ha abituati a una serie di successi, ed è
difficile ricordare i molteplici volti delle sue espressioni grafiche; in
realtà dovremmo tutti – intendo noi artisti – ripensar il suo percorso
artistico ogni tanto, per ricavarne una varietà di approcci visivi che forse
non ha eguali sino a oggi. Penso alle copertine dei comic-book degli anni ‘50,
cariche di ironia e umorismo; penso alle copertine di dischi e ai primi poster
per il cinema, che già annunciavano il suo ingresso nella sword and sorcery”.
Mentre ascolto le parole di Rick
mi figuro le mille declinazioni artistiche di questo illustratore. Ricordo di
aver letto, in una qualche biografia, che il suo talento era già stato notato
alla scuola elementare, dove alcuni insegnanti facevano pressione sui familiari
affinché intraprendesse studi artistici. Avevo letto che all’epoca i suoi
disegni erano animali domestici e sagome di Babbo Natale, come fanno tutti i
bambini. Mi chiedo se i suoi draghi, le celebri Vampirelle, i
coccodrilli della giungla ecc. negli ambiti educativi tradizionali, magari
italiani, sarebbero stati compresi e apprezzati altrettanto. E qui Rick affonda
il pennello nei suoi pensieri proprio come quando aggredisce un dipinto: “Questo
è un tema che nell’ambiente dell’arte affonda le sue radici nella notte dei
tempi. Nel senso che ci sarà sempre qualcuno pronto a denigrare chi disegna
cose come draghi, creature mitologiche, cavalieri, demoni, maghi e stregoni. Ma
io ho sempre risposto che Michelangelo, Tiepolo, Goya e Picasso facevano lo
stesso”.
Quando Rick è stato ospite di Lucca Games, nel 2009, ha insistito per
dipingere con gli altri artisti presenti al festival. Molti erano intimiditi
dal suo carisma e dalla sua caratura, ma Rick insisteva per collaborare su
tavole comuni, perché diceva che la visione di un artista influenza quella
dell’altro, e l’arricchisce dando origine a qualcosa di nuovo. Anche se non ha
mai potuto lavorare assieme a Frazetta, per ovvie ragioni cronologiche, credo
che Rick custodisca nel suo bagaglio di illustratore e pittore una chiara idea
di cosa gli abbia lasciato in eredità la conoscenza delle opere del grande
maestro. E infatti mi racconta con enfasi che “una delle più grandi lezioni
di Frazetta è che chi guarda un suo dipinto può immaginarsi per conto proprio
come prosegue la scena, nella massima libertà concessagli dall’immaginazione.
Finire un’illustrazione, portando a compimento un’azione o suggerendo al
lettore tutte le possibili associazioni concettuali, è costrittivo per la
fantasia di chi osserva. Nell’economia figurativa di Frazetta finire una scena
è superfluo, è meglio dare al lettore le suggestioni necessarie a completare la
visione nella propria mente. E in questo si dimostra un maestro dalle
straordinarie abilità. Mi rimane però un solo rimpianto: Frank era un sapiente,
forse il più sapiente, ma in fondo ho come la sensazione che non sia mai
cresciuto quanto potesse. Sembra quasi che sia rimasto prigioniero del suo
talento, e che da lì non abbia avuto la forza di andare oltre. Come una
splendida farfalla incastonata nell’ambra”.
La leggenda di Frank Frazetta
vive grazie alle tracce preziose che le sue opere ci hanno lasciato. Non solo
nella ragguardevole cifra sborsata lo scorso anno da Kirk Hammett, il
chitarrista dei Metallica, per Conan il Conquistatore, la tavola a olio
da cui fu tratta la celebre copertina del libro del ‘66. Il valore economico
non è secondario, ma non è un criterio affidabile per valutare l’opera di un
artista; l’epopea memorabile di Frazetta emerge da ben altri segni impressi
nella storia degli ultimi quarant’anni. Frank Frazetta era così presente
nell’universo visivo e cinematografico degli anni ‘70 e ‘80 che i suoi mondi –
le luci, la forza delle figure che si stagliano austere sugli sfondi sfumati –
hanno finito per imprimersi a fondo nell’immaginario e nell’inconscio delle
persone. Immagini come Thuvia, Maid of Mars (‘72 ) o Bran Mak
Morn (‘69) hanno fatto irruzione nella realtà metafisica di ciascuno di
noi.
emanuele vietina
trad.
it. di silvia bernardi
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper
n. 70. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]
R.I.P.
Grazie a Exibart per aver ricordato una personalità così fondamentale per l’arte visiva e non poi così tanto conosciuto qui da noi.