Lui è Antonio Angelicola, detto Ninella, 75 anni. Vive a Salerno, dov’è nato e cresciuto, ereditando dalla mamma sarta passione, professione e bottega. Loro sono Rocco e Nico, due giovani documentaristi che ripercorrono la storia di Antonio, ovvero la storia di un “femminiello” o “pederasta”, colpevole delle sue scelte sessuali. Perché i gay (parliamo di tutti quelli che “
non avevano santi in paradiso”), tra il 1928 (e ancora di più dopo le leggi razziali del ’38) e il 1943, in Italia erano bollati come “
seri e pericolosi nocumenti per la società” e per questo puniti e mandati al confino.
Ufficialmente la condanna era per “
delitti contro la razza”, oppure per motivi politici (quando non avevano la tessera fascista). I soggiorni obbligati si scontavano in luoghi isolati, come le isole Tremiti, dove si svolge una parte di
In Italia sono tutti maschi. A San Domino venivano spediti gli omosessuali (soprattutto uomini; quanto alle donne, risulta ancor più difficile trovarne traccia nei documenti d’archivio), mentre nell’isoletta di fronte, San Nicola, c’erano i detenuti “normali”.
“
Poi venne la guerra. Chi era ancora confinato tornò a casa, dove lo aspettavano lo scandalo e il disprezzo”, scrivono Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti nel testo introduttivo. “
Anche dopo il ’45, la neonata Repubblica non si preoccupò certo di risarcire i perseguitati così poco ‘eroici’. Gli omosessuali stessi preferirono non farsi avanti: l’omofobia non era affatto scomparsa. Cadde il silenzio su oppressori, oppressi e spettatori non imparziali”.
Quasi settant’anni dopo, contribuiscono a lacerare questo silenzio – con grande sensibilità e immancabile senso dello humor –
Sara Colaone, illustratrice e docente di fumetto e illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, e
Luca de Santis, sceneggiatore, videomaker, autore teatrale e radiofonico. I due hanno già collaborato al cortometraggio d’animazione
Le malefiche disavventure di Mr. Hiv e al fumetto-cortometraggio
Cream, sull’orientamento sessuale giovanile.
La struttura narrativa del racconto si avvale del linguaggio cinematografico del flashback. Partendo dal presente – la prima pagina del libro è un tratto dell’Autostrada del Sole, direzione Salerno, in cui pensieri e domande si concentrano negli ovali – il libro punta al dialogo-confronto con il passato. In un bianco e nero “antichizzato” dall’ocra saltano fuori vecchi ricordi. Si parla di vita, amore, dolore, disonore, amicizia, morte, ingiustizia, punizione, pregiudizio.
Colaone e de Santis, nel raccontare le vicende di Antonio, si ispirano a una storia vera, quella di Giuseppe B., di cui, nelle ultime pagine del volume, è riportata l’intervista raccolta dal giornalista Giovanni Dall’Orto: “
Ci hanno portato lì alle Tremiti, e ognuno cercava di fare la sua attività: chi sapeva fare il calzolaio faceva il calzolaio, chi sapeva fare il sarto faceva il sarto, eccetera”, racconta il protagonista. “
Io facevo il lavoro più bello: facevo ‘la sarta’ per i carabinieri, e me li trovavo tutte le mattine alle sei mezzi spogliati… Ce n’era uno che si chiamava V.: quanto era bello!”.
L’ironia non manca, ma neanche l’amarezza dell’impotenza: “
Quando ritornammo a casa, dopo due anni di ammonizione, abbiamo chiesto tutti la riabilitazione allo Stato. Nessuno è riuscito ad ottenerla”.