Vita dura per Marco: fotografo disgustato dai suoi reportage in zone di guerra, decide di dare un taglio al suo lavoro e a otto anni di psicoanalisi, iniziata per curare i suoi costanti attacchi di panico. Vuole ripartire da zero ma nello zero si sofferma, interrogandosi su quale sia la scelta migliore da compiere. E il tempo scivola via dalla finestra, confondendo le stagioni e gli scatti odiati che, in un gesto di stizza, il giovane fotografo ha cestinato. I genitori lontani, un fratello e una nuora a cui è attaccatissimo, il suo gatto Adolf, carino fino all’esasperazione ma alquanto rissoso, sono piccoli punti di appoggio su cui Marco si adagia in attesa del giusto divenire. E poi gli incontri casuali, nei campi assolati della campagna francese, con il vecchio signore che, da sotto il basco, lo invita più e più volte, con il calore che solo gli estranei possono dare, a una scelta che lo appaghi e lo distolga dal suo continuo soffermarsi.
La stabilità è un bene prezioso per il ragazzo e ogni piccolo cambiamento, reale o immaginario, lo fa cadere nell’angoscia del dopo. Anche l’ingresso, inizialmente benvoluto, di una veterinaria, conosciuta durante un rocambolesco salvataggio del povero Adolf, comporta una destabilizzazione sulla distanza quando viene richiesta una minima certezza per il futuro sotto forma di una vita in due. Ogni volta il ragazzo si siede e s’interroga su ciò che può arrecare meno danni al suo concetto di esistenza. Non è una ricerca di stabilità né di una felicità oggettiva, bensì una sorta di riflessione totale su ciò che può essere più indolore per un uomo. Per un uomo che si è sempre posto a lato della grande via percorsa da tutti quanti e, a un cammino incessante da parte degli altri, ha sempre contrapposto un passo calmo e ragionato.
In queste attese, piccoli atomi e situazioni si scontrano così nella sua esistenza dando vita a cornici di insuperabile bellezza realistica. Dalla campagna alla città, al cantiere navale dove si mischiano ideali, ricordi di vita vissuta, velleità artistiche per una mostra fotografica: una girandola di emozioni non sempre completamente comprese da Marco, che si lascia trascinare alla ricerca di quell’indefinito che lo farebbe star bene. Non felice, semplicemente bene.
Armato di zaino e macchina fotografica, percorre ogni sentiero che gli si presenta davanti, nella speranza che possa trovare in fondo una risposta. E quando gli eventi lo travolgono, tenta disperatamente di attaccarsi a quelle brevi sensazioni di bellezza che può ricordare sebbene tutto questo sia un lento scivolare verso qualcosa che mostra più lati amari che dolci.
Un fotogramma perfettamente narrato: ecco
Lo scontro quotidiano, il lavoro di
Manu Larcenet. Il saper racchiudere una realtà comune e fortemente umana dotandola di quell’estrema poesia che ogni esistenza ha. Intimistico, dolce e in punta di piedi, il racconto avvolge come una coperta le sensazioni, racchiudendole in uno stato di piacere e, al tempo stesso, di tensione per l’evolversi di questa vita così semplice e incredibilmente profonda al contempo.