In uno spazio non grandissimo, completamente bianco, colorato solo dai rari elementi di arredo, hanno trovato definitiva dimora gli oltre 300 lavori realizzati nel corso degli anni dai maggiori disegnatori e illustratori italiani, chiamati a dare la loro interpretazione ai personaggi cui le esposizioni estive erano dedicate. Ovviamente personaggi legati alla comicità (Totò, Benigni, Sordi) ma anche al cinema (Fellini, Moretti, Loren) al teatro (Dario Fo) e alla canzone (De André).
Un progetto, dunque, che ha una sua storia consolidata alle spalle e che approda a una sede stabile pur mantenendo l’agilità delle esposizioni temporanee: ciascuna sala, comunicante con le altre e disposta intorno alla saletta circolare centrale (l’ex pista da ballo), raccoglie infatti una delle edizioni passate di Umorismo nell’arte. L’elenco degli autori presenti è lungo: da Milo Manara a Guido Crepax, da Sergio Staino a Franco Bruna, da Massimo Bucchi a Pablo Echaurren, solo per citarne alcuni. La grande varietà di personalità rappresentate è sicuramente un’occasione interessante per confrontare modi ispirativi eterogenei del panorama del disegno contemporaneo, siano essi legati alla caricatura, al fumetto o alla grafica.
Tuttavia il museo non ha solo l’obiettivo di valorizzare questo patrimonio ma tenta di allargare il suo campo d’azione attraverso mostre che puntino l’obiettivo sui giovani disegnatori – con un occhio di riguardo particolare alle realtà locali – con personali o collettive: è il caso di Marco Martellini, che tenne a battesimo il museo con una sua personale in occasione dell’apertura e che è tornato recentemente in veste di curatore della mostra MIChiamano Pinocchio, cui hanno partecipato 25 artisti emergenti. Ma le esposizioni temporanee hanno cercato anche vie diverse: infatti in passato il museo ha ospitato mostre dedicate a temi affini a quelli caratterizzanti la collezione permanente come nel caso di Amici miei, personale del pittore Francesco Colella e dedicata a ritratti di attori della commedia all’italiana (primavera 2004), o la mostra documentaria su Giorgio Gaber (estate 2004) fino a muoversi in direzioni più legate ad arti parenti non troppo lontane dell’illustrazione come l’incisione (Luciana Nespeca, nel 2003). Dunque una realtà che, pure nelle risorse limitate di cui dispone, tenta di non rinunciare alla vivacità e al dinamismo.
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