Daniel Clowes ha la grande abilità di raccontare la provincia americana, sonnacchiosa e immobile, qualità che si conferma a pieno in
Ice Haven, che ha vinto il premio speciale della giuria ai Gran Guinigi dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games per
“aver mostrato le incrinature profonde e le contraddizioni strutturali della piccola borghesia americana”.
Ice Haven è un paese immaginario dei cui abitanti Clowes illustra la vita in brevi storie, impostate come se ciascun vicino di casa fosse il protagonista di una serie. Così ecco Harry Naybors, il critico di fumetti, impegnato nei suoi monologhi e Random Wilder, poeta mancato che vive nell’attesa di vedere pubblicato un suo scritto e che nel frattempo passa le serate mangiando davanti alla tv. Poi c’è l’amore tra Penrod e Violet, della quale è segretamente innamorato anche il piccolo fratellastro, Charles. E ancora: il detective Ames che investiga sulla scomparsa del bambino David Goldberg, mentre sua moglie reclama una qualche novità nella loro vita ripetitiva. Le basterebbe mangiare asparagi ogni tanto.
Clowes introduce nella vita privata di questi personaggi e pagina dopo pagina rende il lettore testimone delle loro insoddisfazioni, illusioni e delusioni. Mentre le singole esistenze si consumano, su Ice Haven incombe l’ombra di Leopold e Loeb, due studenti universitari che nel 1924 uccisero un bambino solo per provare che sarebbero riusciti, con le loro intelligenze combinate, a farla franca. Il piccolo David Goldberg, infatti, non si trova e ormai si assottigliano le speranze di trovarlo vivo. Alla fine salterà fuori il piccolo David, a riprova che a Ice Haven non succede davvero mai nulla. I drammi che si consumano nella piccola provincia sono altrettanto minuscoli.
Per esempio Vida, la nipote della signora Wentz, scrive. Produce in proprio una rivistina fotocopiata che parla di Ice Haven e che una libreria ha accettato di mettere in vendita sui suoi scaffali. Quando Vida lascia il paese, non ne ha venduta nemmeno una copia.