Confesso di non essere un fan del fumetto underground italiano dell’ultima generazione. Da anni ho la sensazione che i giovani autori che praticano il genere, a parte condurre una ricerca grafica un po’ fine a sé stessa, abbiano poco o nulla da raccontare. Perciò, incuriosito da alcune tavole di
Squaz pubblicate sul mensile
XL, ho cercato
Pandemonio con una certa curiosità, ma senza grandi aspettative. Avevo torto, perché questo romanzo di
Gianluca Morozzi, interpretato graficamente da Squaz, alternando pagine di dialogo e monologo a pagine di sequenze mute, di aspettative ne merita parecchie.
Tutto si consuma in un condominio. La voce narrante è quella di un ragazzo di trent’anni, dotato di un corpo che comincia a tradirlo. Dalle corde vocali allo stomaco fino al sesso, difficile dire cosa abbia smesso di funzionare per primo e in funzione di cos’altro. Forse mentire a tre diverse ragazze, con le quali conduce una relazione sentimentale, l’una all’insaputa dell’altra e senza riuscire a soddisfarne sessualmente nessuna, può essere l’origine del suo mal di stomaco? Meditando sui propri malanni, il ragazzo ascolta i vicini, fantasticando sulle loro vite e sul quotidiano squallore della loro solitudine.
Solitudine che ha il volto di un alcolizzato che trova un bambino davanti alla porta di casa, e quella di un uomo che picchia la moglie perché perseguitato da ombre che solo lui vede. Se il primo, solo dopo essersene sbarazzato, si rende conto di aver appena ucciso con ogni probabilità il bambin Gesù, portato a lui nella notte fra il 24 e il 25 dicembre, il secondo scopre troppo tardi che le ombre che lo ossessionano gli sono state lasciate in eredità dal padre, morto suicida. Uccidersi a sua volta non impedirà loro di ripresentarsi al figlio che, a sua insaputa, sta per arrivare.
La morte attraversa le pagine del libro in varie forme: il suicidio, l’infanticidio e la reincarnazione. Chi alla reincarnazione crede, di solito è convinto che dopo la vita tornerà sulla Terra nel corpo di un’altra persona oppure di un animale. Nessuno si aspetta di reincarnarsi nel bancone di un bar o in un tavolo da biliardo. Eppure succede anche questo, giù, al pianterreno. E proprio lì, mentre nel palazzo si consumano orrori d’ogni genere, i proprietari continuano ad allargare il locale abbattendo muri. Le fondamenta perdono consistenza, parete dopo parete, proprio come i piccoli fatti della vita minano gli esseri umani, giorno dopo giorno. Difficile stabilire quale sarà il muro determinante, la delusione finale, responsabile del crollo.