Il 6 aprile 1980 â esattamente quarantâanni fa â la Collezione Peggy Guggenheim ha aperto le porte ufficialmente, in quel Palazzo Venier dei Leoni, tesoro affacciato sul Canal Grande, dove Peggy Guggenheim visse dal 1949 al 1979, dando vita alla sua collezione dâarte moderna. E dove, dal 1951, con estrema generositĂ verso il pubblico, apriva la sua casa-museo, tre pomeriggi alla settimana, da Pasqua a ottobre, convinta e consapevole che lâarte debba essere una condivisa fonte dâispirazione.
Le sale, ancora, sono chiuse, ma alla collezione Peggy Guggenheim ha inaugurato âMigrating Objects. Arte dallâAfrica, dallâOceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheimâ, una mostra curata da Christa Clarke, R. Tripp Evans, Ellen McBreen, Fanny Wonu Veys, con Vivien Greene e che ha come protagonista una parte della collezione tanto importante quando poco conosciuta.
Si tratta dellâinteresse di Peggy Guggenheim per lâarte africana, dellâOceania e delle culture indigene dellâAmerica, di cui iniziò a collezionare opere a partire dagli anni â50 e â60. Sono quindi le 35 opere dâarte non occidentale, esposte per la prima volta insieme a Palazzo Venier dei Leoni, a testimoniare lo sviluppo del collezionismo oltre i confini europei e americani. Lâallestimento permette di conoscere i diversi gruppi di opere, divisi in base ai contesti originari e allo stesso tempo permette allo spettatore di osservare come la loro influenza sia stata determinante per gli artisti europei del Novecento, tra i quali Alberto Giacometti, Pablo Picasso, Henry Moore e altri, grazie al dialogo estremamente delicato tra le opere delle avanguardie europee e gli âoggetti migrantiâ, andando oltre alle abituali letture dettate dalla cultura occidentale.
Ed è cosĂŹ che ogni sala racconta una storia diversa: miti, dialoghi tra due o piĂš opere geograficamente diverse e realizzate a secoli di distanza e tradizioni di particolari aree geografiche. Degna di nota è la sala dedicata alla Maschera Dâmba Baga, figura di guardiano di un reliquiario Kota e Pablo Picasso, Lo studio e Busto di uomo in maglia a righe: si nota come la scelta di tali opere africane da parte di Peggy seguiva il gusto definito dallâavanguardia artistica ai primi del Novecento. Non a caso la collezionista esponeva spesso la Maschera Dâmba nellâingresso di Palazzo Venier dei Leoni insieme a opere di Picasso.
La sala dedicata al Pacifico, invece, dimostra come i soggetti onirici e legati alla trasformazione presenti nelle culture oceaniche, abbiano affascinato a tal punto gli artisti surrealisti da diventare tra le tematiche delle proprie opere, come testimoniano i dipinti di Max Ernst. Nella sala, infatti, due opere dellâartista, La FĂ´ret (1927-28) e Lâantipapa (1941-42) aprono e chiudono la scena a maestose sculture provenienti dal Pacifico come quella dellâIsola Tabar, in cui la trasformazione viene rappresentata attraverso la sovrapposizione di serpenti, pesci e uccelli.
In questo periodo di lockdownm, e in occasione del suo 40esimo anniversario, ogni giovedĂŹ sulle piattaforme social del museo sarĂ possibile rivivere tappa dopo tappa i primi 40 anni della Collezione e del suo programma di tirocinio, ripercorrendo le mostre organizzate dagli anni â80 al 2019, e ascoltando dalla voce degli stagisti di ieri e di oggi come lâesperienza alla Collezione Peggy Guggenheim abbia cambiato le loro vite.
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