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‘L’arte di copiare’ all’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen
#iorestoacasa
di redazione
L’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen presenta la mostra “L’arte di copiare”, che porta nella capitale danese «venticinque acquerelli raffiguranti le pitture delle tombe etrusche datate tra il VII e il III secolo a.C. e due dipinti a olio in scala 1:1 e 5 acquerelli» conservati all’Istituto Svedese di Studi Classici di Roma.
Questi lavori, oltre a riprodurre un patrimonio archeologico oggi in gran parte andato distrutto, sono frutto di una vicenda che racconta una pagina del collezionismo europeo che, tra la fine dell’Ottecento e il primo decennio del Novecento, ha unito il collezionista di arte antica Carl Jacobsen, fondatore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, l’archeologo tedesco Wolfang Helbig e il pittore Alessandro Morani.
La mostra, che fino al 30 aprile rimarrà allestita nelle sale dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen in questo momento chiuso per l’emergenza santaria, è stata curata da Astrid Capoferro, Federico De Mattia, Stefania Renzetti, Barbro Santillo Frizell, Cornelia Weber-Lehmann, ed è realizzata in collaborazione con l’Istituto Svedese di Studi Classici di Roma e con la Ny Carlsberg Glyptotek.
Le opere in mostra
«Il progetto di copiare le pitture delle tombe fu ideato nel 1897 dal birraio e collezionista d’arte Carl Jacobsen, fondatore della Ny Carlsberg Glyptotek, insieme all’archeologo tedesco Wolfang Helbig, ispettore onorario dei monumenti di scavi di antichità del territorio di Corneto Tarquinia, in seguito alla visita della necropoli di Tarquinia», ha spiegato l’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen.
«Sotto la supervisione di Helbig, dal 1897 al 1910 il pittore Alessandro Morani insieme a una squadra di pittori realizzò 166 acquerelli e oltre 400 lucidi che riproducono i dipinti tombali di Tarquinia, Chiusi, Orvieto e Veio.
Un calco dei contorni delle figure veniva tracciato su un lucido appoggiato alla parete e trasferito in atelier su tela: gli acquerelli erano i materiali preparatori per le copie in scala 1:1 delle pitture funerarie della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen.
L’Istituto Svedese di Studi Classici di Roma acquisì la collezione nel 1945 da Lili Helbig, moglie di Morani», ha proseguito l’Istituto.
«I dipinti documentano le pitture nel loro reale stato di conservazione, senza integrazioni o idealizzazioni, riproducendone la sfumatura esatta dei colori, i dettagli delle figure dell’originale e rispettandone lo stile.
Le tombe etrusche più riccamente decorate, riservate a defunti di alta classe sociale offrono una visione unica della straordinaria cultura etrusca: scene di vita quotidiana, banchetti, cortei, competizioni sportive e giochi, scene di caccia. Una testimonianza particolarmente preziosa perché molti degli originali oggi sono completamente o parzialmente distrutti», si legge nel comunicato stampa.
La storia di queste opere vi incuriosisce?
Se vi siete appassionati alla storia di queste opere potete esplorare queste risorse gratuite:
- nell’account Facebook dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen un post del 18 marzo offre la possibilità di visitare le sale delle mostra a 360 gradi.• Nella Digital Collection del sito web dell’Istituto Svedese di Studi Classici di Roma potete trovare le immagini digittalizzate di tutti i 166 acqurelli da cui sono stati selezionati i venticinque esposti a Copenhagen. Potete trovare anche circa 400 lucidi che riproducono i dipinti tombali di Tarquinia, Chiusi, Orvieto e Veio, di cui si parla nel testo della mostra, tutto corredato da schede tecniche.
- Nel sito web del museo Ny Carlsberg Glyptotek potete esplorare la collezione, l’architettura del museo e la storia della famiglia del collezionista e fondatore del museo, Carl Jacobsen Carlsberg (1842-1914)…questo cognome vi suona familiare? Avete indovinato, è la famiglia di mastri birrai che ha creato il famoso marchio.
• Potete riscoprire le poesie di Vincenzo Cardarelli, che in Nostalgia del 1949, dedica alcuni versi alle figure femminili dipinte sulle tombe etrusche, che l’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen ricorda in relazione alla mostra: «Lá sotto è la fanciulla /
bellissima dei Velcha, / che vive ancora nella Tomba / dell’Orco».