Non per noia ne per professione, Bocca di rosa, l’amore, lo faceva per passione.
Così De Andrè cantava l’amore sacro e l’amor profano in una sola ballata, come, a suo modo, Iaia Filiberti, li presenta in una mostra.
Cappelline, inaugura Sabato 30 Marzo p.v. alle ore 17.00 nel
Palazzo Parasi di Cannobbio e sarà aperta al pubblico fino a Domenica 5 maggio.
Se Bocca di rosa metteva l’amore sopra ogni cosa, Iaia Filiberti mette arte in ogni sua opera, come mette amore in ogni sua arte.
E l’amore è fonte e foce di questo nuovo lavoro fotografico dell’artista milanese. Una galleria di immagini che la ritraggono sempre di spalle, nei suoi usuali abiti Déco, mentre dialoga con Madonne scolpite o dipinte in edicole, grotte chiesette o piccole cappelle disseminate tra Lombardia e Piemonte. Un percorso personale, fresco e sincero, lontano dalle grandi vie, che si snoda tra sentieri dell’anima e si nutre di una genuinità che l’artista, credente convinta, esprime anche con il suo corpo.
La scelta di non mostrare mai il volto (opposta alla sua opera Seidimano ndr) da una parte rappresenta la perdita dell’identità difronte all’universale, l’uguaglianza degli individui davanti al divino. Ma da altra parte, esalta il corpo che, avvolto in abiti vintage, si mostra seducente anche se mai provocante. Un corpo che si offre di spalle con la sicurezza di chi sa di essere intoccabile in un luogo protetto. Una sfilata di moda, in cinquanta pose, che celebra sia la religiosità che l’umanità. Che valorizza sia il sacro che il profano, usando come in Tiziano, la sintesi del femminile. E nella Donna il dualismo trova equilibrio. La Divinità in quanto femmina rappresenta gli estremi più esterni. In ogni immagine c’è la Dea Madre che dal neolitico arriva fino a noi con il culto mariano popolare, e c’è Bocca di rosa con la sua primavera colorata carica di passione umana. Una sintesi vissuta in prima persona con le gioie e i dolori, le ferite e le glorie di una vita dedicata all’arte. Per Iaia Filiberti ogni Madonna è una sorgente dalla quale bere vita da trasformare in arte. (Enrico de Santis)