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Si intitola “Hip-Hop Raised Me”, edito da Thames & Hudson, ed è un libro fotografico per amanti del genere. L’Hip Hop appunto, la corrente musicale nata negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’70 (e infatti il volume ne celebra idealmente il quarantennale) al pari dei Graffiti, che come i segni sul muro si è riversato in tutto il mondo con il suo carico di slang, rabbia e voglia di riscatto.
Da noi, ovviamente, è arrivato diverso tempo dopo e – perdonateci – senza mai riuscire ad eguagliare la potenza che mantiene con le voci nere e i rapper d’oltreoceano, con i danzatori di “break” del South Bronx o di Harlem.
Pazienza, ci acconteremo di ripercorrere – insieme ai volti e alle voci che ci risuonano in testa – i looks di Lauryn Hill, i tatuaggi di Wiz Khalifa, il biondo platino di Eminem, o gli “antesignani” Bestie Boys che sfottono i Beatles.
E poi Jay-Z, che volente o nolente, grazie alla dura e struggente “Empire State of Mind”, cantata nel 2011 con Alicia Keys, ha aperto la strada della “blackness” musicale al Pop, diventando testimonial di una dedica accorata alla Big City che oggi è già un classico, al pari di New York New York di Sinatra. Non più, insomma, brutti sporchi (aspiranti ricchi) e cattivi, ma anche belli patinati.