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Quello che vedete non è l’ultimo Rembrandt. O, meglio, in un certo senso lo è. Non lo è, nel senso che non è il risultato di laboriosi studi per decidere l’attribuzione di questo ritratto al grande artista del Seicento olandese. Ma lo è perché forse questo ritratto è più fedele ai criteri compositivi, allo stile di Rembrandt di altri suoi quadri. Come è possibile? Semplice (si fa per dire): è stato realizzato da ingegneri, storici dell’arte sulla base di 168.263 frammenti di pittura dell’artista e 148 milioni di pixel, il tutto in 18 mesi di lavoro, poi messo dentro a una stampante 3d..Et voilà, ecco l’opera.
Siamo, insomma, all’ingegneria pittorica, qualcosa di sicuramente meno pericoloso dell’ingegneria genetica e probabilmente meno dannoso di certa ingegneria civile che ha deturpato le nostre città, ma pur sempre un mostro.
Sì, questo è un Rembrandt e non lo è. È un ibrido e, al tempo stesso, è ciò che può essere realizzato con le stampanti 3d. In questo senso non è affatto un ibrido, ma una realtà molto concreta e dotata di identità precisa.
L’ultimo Rembrandt è stato presentato ieri presso la galleria Looiersgracht60 di Amsterdam.