L’aria delle nostre città buca i polmoni, ma a nessuno viene in mente di spegnere il motore. Gli attentati e i morti ammazzati si bypassano nelle informazioni che cadono a pioggia nei social media, attraverso i titoli online, nella nostra rassegna stampa personale. La violenza è stata normalizzata attraverso la più sbandierata indifferenza?
È quello che ci raccontano le immagini di “This is Everyday Violence”, mostra di Pier Luigi Meneghello, a cura di Giorgio Verzotti, che si apre oggi al MAC di Milano e che raccoglie – in 28 pezzi realizzati negli ultimi vent’anni, circa – il tema del rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente che li ospita.
Un ambiente vituperato come lo sono i sentimenti, anestetizzati e in preda a una routine piatta e pericolosa, preda della velocità e di una irrimediabile produttività che aliena o, nei casi più semplici, aiuta una personale e mortale solitudine.
Ma cosa raccontano, all’atto pratico le fotografie di Meneghello? Lo rivelano perfettamente i titoli: Blu Infranto, o di un cavallo giocattolo affondato nel mare gelato; Caino Sale, mentre Abele è rovesciato dal fratello in un ambiente ostile; La fatica del rosso… fino a Remapping the world, 2017, il ciclo fotografico più recente e più emblematico, dove grandi mappe geografiche colorate del vecchio mondo vengono progressivamente ricoperte da ampie distese di fanghiglia o liquami, fino quasi a scomparire. Immagini per riflettere sulla rottura “tra l’ordine naturale dell’ambiente che ci circonda e l’innominabile attuale della globalizzazione”. Immagini che, come è dovere dell’arte, metaforizzano l’attualità senza farsi cronaca.