Categorie: lavagna

Bufera Melandri

di - 19 Ottobre 2012
Proviamo a mettere in fila un paio di cose sul caso Melandri. Niente da dire contro la persona dell’ex compagna Giovanna: buoni studi, inglese fluente, economista di formazione convertita alla cultura, con una concezione innovativa dei beni culturali (è del 2006 il libro Cultura Paesaggio Turismo. Politiche per un new deal della bellezza italiana), ambiziosa e tosta quanto basta per reggere il variegato ring dove si muove, con un curriculum politico più che dignitoso, che va dalla militanza in Legambiente, passa per un clamoroso exploit tv nel 1994 quando, durante un confronto preelettorale, riuscì a zittire Berlusconi (e da lì si guadagnò l’elezione a parlamentare di rango), fino alla carica di ministro dei Beni Culturali.
Ma Giovanna Melandri è un personaggio politico, anche se ha deciso di non ricandidarsi. Non sarà un’esodata di lusso, una che casca sempre in piedi, che dopo aver occupato uno scranno in parlamento è pronta a piazzarsi su altri altrettanto renumerati, come scrivono oggi sul Corriere Ernesto Galli Della Loggia e Paolo Conti e, da qui, in giù, fino alle considerazioni più sguaiate di altre testate, visto che dal MAXXI non percepirà nessuno stipendio. E ci mancherebbe, in quale carica presidenziale di ordine culturale è previsto? La precisazione è come minimo pelosa.
Il fatto è che è un ex ministro, lo stesso peraltro che ha avviato il cantiere del MAXXI, progetto ereditato dal precente ministro dei Beni Culturali Veltroni, che ha contribuito alla scelta di Zaha Hadid, insieme all’allora Sovrintendente Sandra Pinto, come artefice del gigante del XXI secolo, senza riuscire a tagliarne il nastro. E, se per Ornaghi proprio questi sono i suoi punti di forza, vista da un’altra prospettiva è invece la sua debolezza.
Non tanto perché ha mezzo parlamento contro: ce ne frega qualcosa delle reazioni indignate di Cicchitto, esponente di un partito che in parlamento ha portato veline e velone o di quelle della Lega che nelle limacciose acque della politica ha fatto pascolare il Trota & Co? O possiamo ulteriormente allarmarci del paludato agire nell’ombra di Ornaghi che ha dimostrato ancora una volta una sovrana indifferenza verso la società civile. Quale, poi? Chi è che si preoccupa del destino del MAXXI oltre il ristretto e litigioso mondo dell’arte? Curioso, anzi, è che ora tutti, dai giornali in su, fanno finta di occuparsene. Soprattutto i politici, usando strumentalmente questa nomina per darsi un po’ di legnate verbali. Ma non è questo il punto. E neanche il fatto che Melandri ha da poco dato vita a una fondazione che necessariamente le assorbirà energie, tanto meno il sospetto che nel fundraising che dovrà attivare per il MAXXI potrebbe “confondersi” e convogliare le risorse sulla sua fondazione. È sufficientemente onesta per non farlo e “secchiona” il giusto per applicarsi seriamente sia alla causa del museo che a quella di UMAN Foundation che presiede da un po’ di mesi. Semmai, è il fuoco amico che può preoccupare, anche se sperabilmente ha i mesi contati. Il fatto cioè che già le si è messo di traverso l’ex sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro, che quindi quel ministero, che già commissariò il suo museo e il di lui allora presidente Pio Baldi, possa sgambettare anche la nuova presidente. Ma c’è dell’altro.
Il punto è nella credibilità. Quanto è credibile Giovanna Melandri tra gli imprenditori italiani per convincere qualcuno di loro a sostenere il MAXXI, che per funzionare bene ha bisogno di un discreto mucchio di soldi, visto che ne costa già tanti solo per stare in piedi? Quanto è conosciuta Giovanna Melandri a livello di management culturale e internazionale per attivare intorno al MAXXI una rete di consensi, di scambi, di sostegno vero che garantisca l’ingresso a pieno regime del museo romano nel circuito globale dei musei d’arte contemporanea? E, senza andare lontano, quanto è stimata, amata direi, Giovanna Melandri dagli italiani, che verso l’arte contemporanea nutrono un discreto sospetto e quanto è riconosciuta dal mondo dell’arte italiano una cui parte ha del MAXXI una percezione spesso distonica se non dichiaratamente ostile?
Ovvio che l’augurio che facciamo a lei e soprattutto al MAXXI è che questi dubbi siano presto smentiti dai fatti. Ma il punto è che la politica non giova all’arte e alla cultura e se ne dovrebbe stare lontana. Comportandosi da “facilitatore” di buone pratiche: ad esempio nomine competenti (e possibilmente trasparenti) e non sedendocisi sopra.
In un “Paese normale” il ruolo della politica è individuare il meglio sul mercato, anche culturale, e dargli le opportunità per lavorare al meglio in una vera ottica di servizio pubblico. Il quale non diventa tale se ci si mettono personaggi “pubblici”, dove con questo aggettivo spesso si intendono politici o big televisivi. Perché fa un po’ più scalpore ora la nomina di Giovanna Melandri al vertice del MAXXI di quanto abbia fatto tre anni fa quella di Giovanni Minoli (con il quale peraltro Melandri è imparentata) alla presidenza del Castello di Rivoli, ma la logica è la stessa (e tale era anche per la candidatura e poi l’elezione di Marrazzo a presidente della regione Lazio, di Santoro e Gruber al parlamento europeo). Anche lì (stiamo al caso Minoli) una decisione dettata da un inganno mediatico: l’idea che una figura conosciuta a livello tv e dintorni, andasse bene per gestire un museo senza averne competenza, ma potendo vantare appoggi politici (Minoli è il suocero dell’allora potente sottosegretario ai Beni Culturali Salvo Nastasi), e da questo punto di vista è molto meglio la nomina di Melandri che almeno è stata ministro dei Beni Culturali e la materia l’ha conosciuta e studiata.
Ma, non per fare del massimalismo di bassa lega per cui tutto ciò che arriva da Montecitorio e dintorni emana odori sospetti, rimane un personaggio politico. E la politica non è amata dagli italiani, specie oggi, né tanto meno è quotata all’estero. E il fatto che il MAXXI, che è nato come creatura politica, ancor prima che architettonica e molto prima che come istituzione culturale, si porti dietro questa specie di iattura o, più prosaicamente, non riesca a svincolarsi da questa ingombrante erededità, non va bene. Anzi, è un segnale allarmante che al vertice del maggiore museo d’arte contemporanea arrivi proprio un politico, cosa su cui anche AMACI dovrebbe riflettere.
Facendo nel frattempo a Giovanna Melandri auguri di buon lavoro con l’auspicio, soprattutto, di farsi amare presto dalla società civile e dal mondo della cultura italiana, riuscendo a far dimenticare in fretta la provenienza da Montecitorio.

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  • ....e come al solito la politica non ha perso nemmeno questa volta l'occasione per piazzare uno di loro ( non faccio distinzione tra sinistra e destra); di mettere un personaggio con relazioni e competenze specifiche non li interessa minimamente.

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