Rem Koolhaas come Villa dall’Ava
Per me non è un problema essere scomoda. Anzi, vi avviso: se cercate una casa comoda come una pantofola, che vi accolga con i suoi oggettini e i suoi divanetti, e i ritratti alle pareti degli avi, vi avviso che da me sarete presi a capitomboli per le scale senza balaustre e gocce d’acqua in testa. Perché io ho i miei difettucci, ma sono bella; calpestando il mio soffitto – perché il mio soffitto vero è il cielo – e nuotando sulla sua punta estrema, vi renderò felici. Assaporerete il piacere di poter fare di voi degli eterei passeggiatori del cielo urbano, sostenuti da un trespolo di colonne, dove il caos di linee non proprio tirate diritte fra un aereo e l’altro e una riunione e l’altra del mio architetto, è contenuta da un magnifico controllo di quello che significo e che voglio dire, e infatti qui ve lo dico.
Io ci sono per ricordare a tutti che permettere a se stessi di fare solo e sempre quello che si vuole, senza pensare alla necessità e alla comodità, è il senso del vivere. Per esempio guardate il mio architetto, Rem Koolhaas: si presenta agli opening e alle conferenze stampa preciso e puntuale, vi dice sempre a che ora inizia a che ora finisce, vi risponde anche malissimo ma non vi fa male. Anzi, vi riempie di complimenti. E osservate una cosa: usa sempre la stessa camicia, cambia solo il colore, e nemmeno tanto: o è nera o è grigia, e per il taglio di capelli, beh’ non ci pensa più, e basta. Via tutti. Siate come lui. Non so se sia piacevole, ma tutti cadranno in adorazione per voi.
Phyllis Lambert come il Seagram Building
A che piano è la felicità? A dire il vero non me lo ricordo bene, sono così trasparente che i miei pensieri volano fra un profilato d’acciaio e una vetrata, un ascensore e una fontana alla velocità della luce. Sono così etereo, perfetto, libero, arioso, che il cielo mi risucchia fra le nuvole di giorno e fra le stelle di notte.
Non ho alcuna distinzione fra orizzontale e verticale, sono la piena realizzazione della felicità calcolata al millesimo di millimetro. Chi mi ha voluto, Phyllis Lambert, cercava proprio questo, questa felicità senza possibilità di scampo, e così ha preso tutto di me, il mio codice genetico, lo ha incarnato nel suo sguardo un po’ gelido e un po’ fulminante, nella piega del suo sorriso che diventa un ruggito se tutto non è perfetto, e ha deciso che il suo regno è quello dell’archivio più bello del mondo, l’archivio dei mondi possibili. A Montréal, dove la felicità ha casa.