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Napoli riesce sempre a lacerarmi il cuore. È accaduto anche questa volta grazie ad un progetto straordinario presso la Chiesa della Misericordiella, curato dall’Associazione SMMAVE Santa Maria della Misericordia Ai Vergini e capitanata dall’artista Christian Leperino con Maria Corbi e Massimo Tartaglione. Incontro Leperino in un bar del quartiere Sanità dove mi racconta che per due anni si è dedicato completamente all’associazione, tornando solo oggi alla sua arte per la preparazione della sua mostra personale alla galleria Other Size Gallery di Milano, inaugurata pochi giorni fa.
Santa Maria della Misericordia ai Vergini è una straordinaria Chiesa del ‘500 rifatta nel ‘700 a due passi dalla porta di San Gennaro. Christian, ci racconti la genesi di questo progetto?
«Il progetto è nato dalla volontà di far tornare a nuova vita un bene prezioso per la città di Napoli. La chiesa fa parte di un antico complesso, l’ex ospedale dell’Arciconfraternita di S. Maria della Misericordia, e la sua lunga storia l’ha vista abbandonata e poi di nuovo fiorente, sepolta dalla “lava dei Vergini” e poi ricostruita più bella, fino al cantiere del ‘700 che più di ogni altro intervento ha plasmato gli interni, con l’eleganza del disegno architettonico e la raffinata qualità dei rilievi in stucco, sopravvissuti alle ferite novecentesche dell’abbandono e dei furti. Ci siamo impegnati a ripulire, recuperare, restituire le memorie materiali e immateriali del passato di questo luogo, che sembrava condannato ad un destino di degrado, affinché potesse diventare centro di ricerca, didattica e produzione artistica: uno spazio aperto all’incontro e alla partecipazione di artisti, studiosi, associazioni. Così oggi abbiamo raggiunto l’importante obiettivo di aprire al pubblico la chiesa con installazioni site-specific, performance teatrali e musicali, laboratori d’arte e teatro. Ed inoltre con visite storico-artistiche e itinerari di valorizzazione del quartiere».
Associazione SMMAVE, Santa Maria della Misericordia Ai Vergini
Come sei riuscito a coinvolgere i ragazzi delle scuole del rione?
«Entrare in rapporto con gli abitanti del territorio ci è sembrato fin dall’inizio essenziale per il progetto che stavamo avviando. Abbiamo intrecciato relazioni e importanti collaborazioni con le associazioni che da tempo vi operano, e, grazie anche alla “Ludoteca cittadina”, con le istituzioni scolastiche. Il coinvolgimento dei più giovani e dei bambini è avvenuto “sul campo”, guidandoli prima nell’esperienza della visita al complesso e nella conoscenza di questo bene sconosciuto al quartiere stesso, e poi, con il nostro gruppo di lavoro fatto di giovani artisti ed esperti in educazione all’arte, attraverso diverse tipologie di laboratori che ne sviluppassero le capacità di osservazione, rielaborazione autonoma e creatività. In parallelo abbiamo avviato collaborazioni con alcune tra le maggiori istituzioni museali, come il Museo Archeologico Nazionale e il Museo MADRE, con le Università, con l’Accademia di Belle Arti di Napoli e con il Napoli Teatro Festival di Ruggero Cappuccio».
Avete lavorato alacremente per mesi, insieme, per ripulire, oltre la Chiesa, l’Ipogeo usata come discarica abusiva…
«Sì, è stato davvero un lavoro lungo e faticoso portato avanti esclusivamente con l’impegno volontario della nostra associazione, ma che ci ha ricompensato con il recupero dell’antico ipogeo, a otto metri di profondità, dedicato alla funzione di “terrasanta” per la sepoltura dei defunti. Testimonianza del livello al quale si trovava la chiesa più antica, seppellita da un’alluvione alla fine del 1500. Un luogo denso di storia e di profonda spiritualità, obliterato per decenni dallo sversamento di rifiuti e macerie edili. Da subito ho capito quanto fosse importante innanzitutto “liberare” l’ipogeo perché è lì che risiedono le radici, la memoria più antica del luogo. È stato un po’ come sbloccare l’organo vitale di un corpo».
Associazione SMMAVE, Santa Maria della Misericordia Ai Vergini
Qual è l’importanza di agire nel quartiere Sanità di Napoli?
«La chiesa sorge quasi al termine dell’antico percorso delle acque che dal colle di Capodimonte si spingevano fino all’area dei “Vergini”, scelta sin dai tempi della polis greca come luogo di eremitaggio e di sepoltura dei defunti, appena fuori dalla cinta muraria che la separava dalla città dei “vivi”. È un territorio carico di spiritualità e memorie, oggi vitale eppure segnato dalla marginalità. Si tratta dunque di un luogo dai forti contrasti, ma anche ricco di stimoli per chi è impegnato nella ricerca artistica e nell’azione culturale».
Che cosa hai provato quando hai saputo che i pizzaioli vi avevano dedicato una pizza: la “Misericordiella”? Quali sono gli ingredienti principali?
«È stato per me un gesto importante, un riconoscimento del quale sono grato. Significa che siamo stati capaci di trasmettere il valore del nostro operato e di entrare in relazione in modo positivo e autentico con chi vive nel quartiere. L’idea di creare una pizza ispirata alla Misericordiella – è questo il nome “affettuoso” con il quale popolarmente è stata chiamata nei secoli la chiesa – è venuta ai nostri amici pizzaioli durante una visita al complesso e alle sue architetture barocche. Gli ingredienti sono semplici e di grande qualità. Sopra, scaglie di provolone del monaco e friarielli, la tipica verdura napoletana che vediamo trionfare sui tanti banchi del mercato di quartiere. E all’interno delle gonfie “volute” del cornicione, il bianco di ricotta e mozzarella di bufala, con un po’ di pepe…»
Jack Fischer