Il mio viaggio prosegue ma rimango al sud, dalla Campania alla Basilicata, a Latronico, per incontrare Bianco-Valente. Il duo napoletano segue da dieci anni con Pasquale Campanella uno straordinario progetto di arte pubblica, A Cielo Aperto, che nasce all’interno dell’Associazione Culturale Vincenzo De Luca, perseguendo l’idea di lavorare alla costruzione di un museo diffuso all’aperto in cui diverse opere permanenti dialogano con l’ambiente montano e di intervenire nello spazio urbano con progettualità condivise e partecipate. Negli anni A Cielo Aperto ha coinvolto sempre di più gli abitanti di Latronico, anche quelli che tornano solo nel periodo estivo, e l’ospitalità degli artisti ha contribuito nel tempo all’attivazione di una microeconomia. Nella pratica artistica, la relazione e il coinvolgimento non strumentale delle persone che vivono sul territorio d’intervento sono di grande rilevanza, creando momenti di riflessione sulla storia della comunità e recuperando processi vitali, culturali e comunicativi che vanno oltre gli steccati disciplinari, verso una condivisione pubblica.
Bianco-Valente, come siete arrivati a Latronico?
«I nostri luoghi di elezione sono tre: ovviamente Napoli, che è la città dove ci siamo incontrati, il posto che ci ha formato e che ogni nuovo giorno continua a destare in noi meraviglia e repulsione; gli altri due vertici della nostra costellazione esistenziale sono invece Latronico, in Basilicata, dove è nata Giovanna e dove torniamo abbastanza di frequente, e poi San Giovanni in Fiore in Calabria, che è il luogo di origine della famiglia di Pino (che è però nato a Napoli). Questi due centri montani condividono le stesse storie di emigrazione e svuotamento, la conseguente impossibilità di mantenere vivo un discorso coerente e a lungo termine che attraversi più generazioni. La socialità , l’economia e l’architettura di questi territori appaiono sfilacciate, con enormi vuoti che lambiscono grandi potenzialità ancora inespresse».
A Cielo Aperto presentazione Volume, Latronico
Ci raccontate di “A Cielo Aperto?” Quale è il pensiero filosofico che sta alla base di questo progetto e come si costruisce?
«”A Cielo Aperto” è un progetto dell’Associazione Culturale Vincenzo De Luca, nata nel 2005 per ricordare la figura di Vincenzo, artista autodidatta emigrato da Latronico a Sesto San Giovanni per lavorare come metalmeccanico e che è poi scomparso prematuramente. I circa 50 soci, al fine di garantire la continuità delle attività nel tempo, sganciandosi da eventuali capovolgimenti di fronte delle varie amministrazioni, stabilirono fin dal principio il rifiuto a qualunque forma di finanziamento pubblico, praticando l’autosostentamento mediante le quote associative. Un principio molto semplice, ma dirompente rispetto alle logiche con cui si muovono perfino importanti fondazioni private che a volte fanno capo anche a grossi brand, ma che comunque non possono fare a meno di ingenti finanziamenti pubblici per portare avanti le loro attività e che quindi diventano, loro malgrado, espressione politica di chi elargisce i fondi. Questo è uno dei due elementi che marca la differenza fra “A Cielo Aperto” e altre esperienze simili, mentre l’altro è che al posto di lavorare con 10-20 artisti ogni anno con la formula del festival o della mostra temporanea, preferiamo invitare un solo artista che con una sua opera contribuisca alla costituzione del museo A Cielo Aperto di Latronico».
Qual è la ricaduta nel territorio?
«C’è da premettere che il museo A Cielo Aperto di Latronico non è composto esclusivamente dalle opere ambientali lasciate in permanenza, con le quali gli abitanti si relazionano quotidianamente. Quella è solo la punta dell’iceberg. Ogni anno invitiamo altri artisti, musicisti, performer, architetti etc. per condurre dei laboratori che coinvolgono persone di fasce di età differenti e che si concludono con delle azioni performative a cui viene invitata a partecipare tutta la popolazione. Questo, unito al fatto che anche gli artisti invitati a realizzare l’opera permanente coinvolgono gli abitanti nello sviluppo del loro progetto, fa sì che si sia creata una certa consuetudine nel rapporto con l’arte e gli approcci più disparati messi in atto dagli artisti. Questo non è ovviamente un processo a senso unico, e molti degli artisti invitati restano a loro volta affascinati dal contesto naturalistico e sociale del luogo e hanno innestato legami autentici che perdurano nel tempo».
Bianco Valente, Ogni Dove, 2015
Come avete festeggiato i primi dieci anni? Cosa succederĂ nella prossima edizione?
Abbiamo festeggiato i primi dieci anni di “A Cielo Aperto” con un importante volume pubblicato dalla casa editrice Postmedia books che è stato presentato in prima battuta proprio a Latronico, in una serata di agosto, in cui erano presenti gran parte degli autori che hanno donato un contributo critico al volume e molti artisti, anche quelli delle primissime edizioni, a testimonianza del fatto che questo progetto tende a creare non interventi mordi e fuggi, ma relazioni stabili e durature fra noi e gli artisti ma anche fra gli artisti e il territorio. Per la prossima edizione abbiamo in programma diverse attività : un workshop finalizzato alla costruzione di una mappa di comunità condotto da Spazi Attivi, un gruppo di urbanisti e sociologi con base a Firenze, accompagnato dalla presentazione del progetto “(T)here” di Giovanni e Giuseppe Giacoia, due artisti di Latronico di cui uno residente a Glasgow, da cui emergerà un’opera permanente da realizzare per l’edizione 2018; la presentazione di una nuova performance di Filippo Berta sul confine fra spazio pubblico e spazio privato, che è anche il tema della sua opera permanente che verrà presentata il 12 agosto. Per finire, un workshop sulla fotografia del paesaggio condotto da Maurizio Montagna, un fotografo che è anche docente alla NABA di Milano. Anche lui realizzerà un’opera permanente che verrà inaugurata nel 2018».
Jack Fisher