Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Questa settimana alla sede di via Nizza del Macro e in quella di Testaccio si inaugurano le penultime mostre della gestione Pietromarchi. Poi a febbraio c’è l’ultimo colpo di coda, al Mattatoio. E poi basta, si chiude. Anzi, no. Magari si chiudesse, ci farebbero una figura migliore. Eh sì perché a settembre, se tutto procede come sembra (sembra, sempre nella palude romana) al Macro Testaccio, lo spazio che doveva essere il laboratorio della creatività locale (sic) arriva Giuliano Vangi. Nel frattempo però ci sarà stata ’a festa de ‘a Roma (caspita, ci mancava). E poi basta sul serio.
Siamo pallosi il giusto a ripetere sempre le stesse cose? Purtroppo sì: pallosi e ripetitivi. A rimorchio delle ripetute nebbie capitoline, quelle che avvolgono il Campidoglio. Da dove continua a non uscire niente di chiaro per il futuro del museo romano, nonostante il sindaco Marino l’abbia sfangata sul bilancio e quindi, a quanto dice l’assessore alla cultura Flavia Barca (che però pare abbia scarsi interlocutori con il suo sindaco), questi dovrebbe nominare due nuovi dirigenti (su dodici previsti) per la cultura a Roma, tra cui anche il direttore del Macro. Museo che, a sua volta, non si sa se sarà effettivamente museo, dipartimento dell’ufficio cultura o fondazione. Ma intanto, per chiamata a progetto, concorso o altre vie più melmose, dovrebbe uscire fuori un direttore. Una sorta di uomo/donna buono/a per tutte le stagioni, capace, vale a dire, di dirigere un museo, un ufficio o una fondazione.
Benvenuti a Roma, tanto per dire una cosa nuova. Ma una novità c’è. Milano, per esempio, la capitale economica (certo, non morale neanche lei) nell’eterno duello con la capitale-capoccia. A Milano il museo nessuno si sogna più di farlo, in compenso c’è l’Hangar Bicocca che funziona parecchio bene. Sembra addirittura che i pigri milanesi abbiano smesso di pensare l’Hangar e il quartiere che gli sta intorno troppo lontano per meritare una visita e abbiano finalmente deciso di andarci.
Nelle ultime settimane sono stata due volte all’Hangar. Una, per vedere le mostre che ancora non avevo visto di Ragnar Kjartansson e di Dieter Roth, semplicemente molto belle e molto ben fatte, e un’altra, il 5 dicembre, per il concerto che Kjartansson ha tenuto insieme ai suoi amici tra le rumorose e debordanti installazioni di Roth.
Beh, era pieno di gente. La mattina, abbastanza pubblico e soprattutto tante scolaresche, con insegnanti che si prodigavano per far capire agli studenti di che si trattava (ma magari ci capivano più loro, tra le melodie e i tableaux vivant in forma di video di Kjartansson e il vitale casino delle creazioni della famiglia Roth, dopo Dieter, il figlio Björn e il nipote). Occhio e croce, la sera del concerto c’erano 2mila persone: grandi e piccini. Gente con i capelli bianchi e fighetti, giovani, tanti. Anche qualche malcapitato pargolo in passeggino. Dunque, Milano batte Roma due a zero, senza museo. E nel 2014 c’è il rischio che Milano faccia cappotto. All’Hangar ci sarà Micol Assaël, una delle nostre migliori artiste, che una mostra se la merita tutta e al Macro Vangi, come detto.
Ma sì, diciamola tutta, forse i musei è meglio non farli, se poi si buttano a mare come viene viene. Che diavolo si fanno a fare? Perché si spendono 25 milioni di euro (tanto è costato il restyling del Macro firmato Odile Decq) se poi si chiudono o se si lasciano alla canna del gas, anzi come “location” con solo le gallerie private a finanziargli le mostre?
E dire che, qui da Roma, ci si gongolava perché noi di musei d’arte contemporanea ne avevamo addirittura due: il Macro e il MAXXI, mentre a Milano, la capitale del mercato, dei collezionisti, dell’editoria, non riuscivano a farne neanche uno. Ora però, sostenuto da Pirelli e dopo un po’ di percorsi accidentati, a Milano hanno un Centro che funziona bene, grazie anche a una direzione capace, quella di Vincente Todoli, che sì è presentato alla città con Dieter Roth, e un curatore bravo quale è Andrea Lissoni. Detto per inciso, questo dei curatori nei musei, è uno dei buchi che danno quel fastidioso aspetto da gruviera al nostro cagionevole sistema museale, come anche detto nell’interessante tavola rotonda che si è svolta la settimana scorsa alla Quadriennale di Roma e di cui trovate il video su Exibart tv.
E allora? Allora per non essere pallosi, ma futuristi, un po’ sanamente aggressivi insomma, facciamo anche noi la nostra proposta per cambiare la Costituzione. Cominciando col dire che “l’Italia è una Repubblica fondata sull’arte”, come ha suggerito Guglielmo Gigliotti in una riunione preparatoria dell’assemblea della Consulta Arte Contemporanea Roma (sì, rediviva, ma su questo ci torneremo in altra sede).
Non è vero? Difficile affermare il contrario, che l’Italia non sia fondata sull’arte. Ne abbiamo fin troppa, che infatti rimane sepolta nei magazzini e che non riusciamo neanche a tutelare (vedi Pompei, di cui invece la recente mostra al British Museum di Londra, fatta con neanche tutti pezzi di serie a ma parecchi di serie b, ha portato al museo 11 milioni di euro). All’estero di noi, oltre al cibo e alla moda, interessa solo questo, l’arte. E ci vengono per questo. Certo, il patrimonio! Ma se insieme al Colosseo (o nel Colosseo), allo Spasimo di Palermo, a piazza Plebiscito di Napoli, all’Arena di Verona, a Santa Croce di Lecce (un po’ come si fa a Venezia durante la Biennale), riuscissimo a proporre anche qualcosa fatto nell’ultimo secolo e possibilmente negli ultimi anni, ci verrebbero lo stesso. E magari anche più motivati a conoscere il nostro presente.
A proposito di Consulta, per chi sta a Roma, segnatevi in agenda l’appuntamento del 21 dicembre alle 16 al Macro. Gli argomenti da affrontare non mancano.
Questo è un messaggio, o forse, e se preferite, anche un appello, che mi sento di rivolgere a tutti gli Artisti che vivono a Roma.
Sabato 21 prossimo, come ormai sapete, ci sarà l’assemblea preliminare della Consulta Permanente per l’Arte Contemporanea di Roma. Si tratta della riunione che deciderà delle regole dell’associazione e delle modalità con cui eleggeremo i nostri rappresentanti, cosa che accadrà nella prossima assemblea a gennaio.
In questi giorni mi è capitato di parlare dell’argomento con alcuni di voi, di leggere commenti e opinioni di altri e di ricevere qualche mail. In generale ho avvertito un certo disinteresse verso un organismo che nessuno sa bene cosa sia, che vantaggi comporterà, se ne comporterà, e anzi di cui alla fine forse se ne avvantaggeranno i soliti noti, sottinteso i curatori e/o i galleristi, che sono forsanche quelli più attrezzati per gestire relazioni e situazioni di tipo politico.
Ecco, uno degli aspetti della questione sulla quale v’invito a riflettere è proprio questo.
Se non prendete oggi parte a questo processo, se non vi fate carico delle responsabilità che comporta, se non dite cosa per voi deve o non deve essere fatto, e come deve essere fatto, voi non lascerete solo che le cose le decidano gli altri, ma priverete quelle stesse decisioni delle ragioni primarie e principali che le rendono necessarie.
La vostra assenza da questo dialogo renderà la comunità dell’arte di questa città ancora più assurdamente frammentata e inutile di quanto non lo sia stata negli ultimi vent’anni.
Se davvero non avete la consapevolezza di quanto sia decisiva la vostra presenza, la vostra partecipazione e il vostro impegno, in un processo che tenterà di modificare quei rapporti di forza tra politica e cultura che stanno distruggendo il nostro paese, allora davvero non solo non avete la percezione del momento storico in cui siamo, ma davvero non avete la consapevolezza della necessità che c’è oggi dell’arte e di voi che la realizzate.
Se davvero è così, allora forse la Consulta è davvero inutile.
Io sono convinto del contrario e vi chiedo, a nome di molti che la pensano come me, di esserci.
Si! L’Italia è formata sull’arte, ma diciamo d’ élite e l’articolo che leggo oltre che il commento all’articolo è solo per non far morire qualche stipendiato curatore, critico, ecc. amici di amici.
Quindi, penso che per gli artisti sia al quando misero partecipare per riattivare il meccanismo malato che voi curatori, critici e altro avete creato.
E meglio chiudere i battenti se dentro questi musei, c’è il sistema italia. Qual è il sistema italia? Raccomandati a go gogogogoog. Per premi, mostre, gallerie ecc.
E poi non venite a dire che gli artisti sono frustrati perchè non arrivano ad essere famosi o puttanate di altro genere.
Quindi, visto che vi conoscete bene tutti quelli che vogliono mantenere questo sistema sarete voi a dialogare fra di voi.
Mi immagino i futuristi o altri artisti della vera arte come i dadaisti sentire queste parole
di salvare i musei o questo sistema. Semmai direbbero bruciate tutti e ricostruiamo tra le vostre ceneri un sistema più equo e democratico.
E chi vuole capire capisca, tanti chi non capisce vuol dire che è dentro il sistemino amichevole.