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La lavagna Un pubblico che vede e non sviene
lavagna
Un pubblico che vede e non sviene
di Francesca Pasini
Tutto è comunicazione e anche l'arte ne fa parte. Ma questo non significa aderire al sistema dei numeri. Come se l'unica emozione sia quella di trovarci in una coda chilometrica
di Francesca Pasini
Tutto è comunicazione e anche l'arte ne fa parte. Ma questo non significa aderire al sistema dei numeri. Come se l'unica emozione sia quella di trovarci in una coda chilometrica
È il caso dello spettacolo, Animanera- Figli senza volto, una produzione CRT Milano, al Teatro dell’Arte della Triennale, fino al 23 febbraio. Il monologo è tratto dal racconto di Ida Farè, Come Voi, (Il Pozzo Segreto, Giunti 1993). Lo recita in modo impeccabile Natascia Curci, regia Aldo Cassano, scene Valentina Tescari. Racconta la giornata anonima di una militante tra il 1981-82, durante la sconfitta delle Brigate Rosse e della lotta armata. La protagonista ha vissuto le manifestazioni studentesche, operaie, femministe della fine degli anni Sessanta, e le vittorie elettorali e sul divorzio della sinistra a metà degli anni Settanta. Gli entusiasmi e poi le delusioni di quei due periodi, che hanno segnato una generazione, hanno avviato la protagonista sulla via della lotta armata, nella quale si colloca un particolare rapporto di coppia, plasmato prima di tutto sulla necessità ideologica di garantire anonimato e clandestinità. Nei quaranta minuti di monologo la protagonista parla tra sè e sè, descrive i gesti quotidiani, uguali, misurati sulle abitudini dei coinquilini. Per essere come voi, per non destare sospetti, per incarnare una giovane coppia di sposi e, quindi, compie i lavori di una quieta casalinga. “Ora che ho finito il mio lavoro. Ora che attendo il ritorno del mio compagno. Un piccolo colpo bussato con le nocche che mi rassicura, mi dice che per una volta ancora è andata bene, siamo liberi, siamo ancora vivi, ancora senza volto. Passano a fatica queste ore lunghe: assomigliano alle attese di una sposa mesta, una sposa noiosa che misura i ritardi del marito col metro di un possibile tradimento. ( …) Come è cominciata. Non ricordo per quale filo sono arrivata a questo punto della maglia. Ho seguito il filo della ribellione pura”. E prosegue in un discorso interiore, alla ricerca delle voci del mondo, ma “estraneo, come appartenesse a un’altra donna, mi appare il tempo di quella giovinezza così vicina”.
Una sceneggiatura molto incisiva e un modo efficace per trasmettere la complessità delle radici quell’assalto al cielo a giovani nati dall’ 80 in poi (come alcuni degli autori dello spettacolo), che spesso sono attratti dagli anni ’70, ma che non hanno modo di confrontarsi. Quella storia è ormai chiusa nella definizione di terrorismo, utilizzata come uno stereotipo, più che come lettura critica. Come sottolinea la scena finale con la proiezione della attuale pubblicità della Coca Cola, una imitazione di un assalto armato, di “attacchi di violenza”, dice proprio così.