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Si dice che il geco sia il simbolo delle isole, me lo spiegò un giorno un amico antropologo. Il geco sta fermo, immobile, ma quando una zanzara gli passa accanto, rapido, con mossa sicura, l’acchiappa. Si dice a sua volta che l’isola sia la metafora dell’artista. L’artista occupandola sfratta il suo inquilino secondario, il critico che – parafrasando una battuta di Alberto Boatto – non può far altro che limitarsi a parlare di essa. Dunque abbiamo il geco, l’isola, l’artista, la zanzara, il critico. Ecco gli ingredienti che fanno della Biennale di Filicudi uno degli eventi più bizzarri, inconsueti e entusiasmanti del Mezzogiorno.
Giunta quest’anno alla XIesima edizione, la Biennalina o la “la più piccola biennale d’arte del mondo”, così come viene apostrofata dai suoi frequentatori, nasce nel 1995 da un’idea di Jaques Basler, Francesco Pessina, Franco Menna e Marcel Cordeiro, quattro artisti non autoctoni ma che giunti separatamente alle isole sul finire degli anni Ottanta, si sono sentiti così a casa da lasciare una traccia del sé. “Lo vuole l’isola”, dicono. Ed attenzione perché per quanto l’isola accolga (come il geco con le zanzare che fagocita tutto ciò che gli è estraneo ma necessario alla sopravvivenza) quello con cui attira non è sempre un caldo abbraccio, ma delle volte è uno sguardo fugace, delle altre una stretta di mano guardinga, delle altre ancora un avvinghiarsi che toglie il fiato o uno strattone tanto forte da buttarti giù per il dirupo. Un po’ come l’abbraccio di Giove ad Io nel quadro del Correggio, impalpabile, piacevole e sinistro, eppur vero, così vero da impiantar il suo seme dentro il ventre della sacerdotessa. Sono tante le sfumature che non ci permettono di ridurre la Biennalina alla semplice parola evento.
Pressoché sconosciuta al pubblico delle mostre, fino allo scorso anno la più piccola biennale del mondo si teneva a casa Basler per il tempo di una sola notte, riunendo linguaggi e vissuti differenti in un’atmosfera intima, familiare e di festa. “Si dovrebbe organizzare una mostra aperta a tutti gli artisti che sono qui, mettersi insieme, siamo in tanti, architetti, fotografi, attori, scultori.. è l’isola che lo vuole”, così si legge nel testo in catalogo che racchiude e conclude questi dieci anni di esperienza vissuta in una manciata di ore come un rito, con i suoi ritmi, le sue musiche, i suoi totem, i suoi oggetti sacrificali, i suoi protagonisti e il suo pubblico. Tanti gli artisti che ne hanno preso parte nel rispetto di una delle regole di partenza: permettere sia ai professionisti che ai dilettanti che “sono qui” di esporre. Così scorre una cospicua lista di quasi un centinaio di nomi, tra cui si riconoscono oltre ai fondatori Basler, Pessina, Menna e Cordeiro, anche Ugo La Pietra, Ettore Sottssass e addirittura il gallerista Massimo Minini, e poi architetti, designer, scultori, pittori, fotografi, filmmakers e performer che negli anni hanno sostenuto la biennalina, come Maria Vittoria Backaus, Stefano Butturini, Giovanni Gastel, Goldshmied & Chiari, Marina Klemente, Laura Viale, Aurelia Raffo, Franco Raggi, Maurizio Peregalli, Umberto Passeretti, Eliana Lorena, Piero Derossi, Emilio Battisti, Demetrio Nicolò, Giovanni Marconi, Melo Minnella, Clare Littlewood, Lucio La Pietra e tanti altri creativi che danno l’idea di quanto eclettica dovesse essere l’esposizione o piuttosto dovremmo dire l’happening.
Ma vent’anni sono passati da quel 1996 e quest’anno la Biennalina ha cambiato dimora, da casa Basler si è trasferita nel portico dell’Hotel Phenicusa proprio accanto al molo e la notte si è susseguita al giorno nello spazio di settantadue ore. Tra i molti artisti che già avevano partecipato alle precedenti edizioni vi sono dei volti nuovi, come Paolo Genoese, Riccardo Melito e Mauro Laruffa che hanno installato un ambiente sensibile dai suoni e i colori dell’isola, Alessandra Andreolli con le sue ceramiche e Barbara Fiorillo con la sua fotografia. Dunque la formula si rinnova, perché come dice Basler: «È un passaggio naturale, le cose si devono lasciare andare». E allora cosa ne sarà di questa più piccola biennale d’arte del mondo? Di certo Francesco Pessina – che ne ha preso le redini – sta già lavorando per creare un momento espositivo che non tradisca le sue origini ma che sia al contempo più aperto e affabile nei confronti dell’esterno.
Artisti, amatori, collezionisti, curiosi è variegato il pubblico della Biennalina, compresi volti noti e meno noti dello spettacolo che, di casa a Filicudi ogni estate, aspettano questo appuntamento ormai consolidato. Lontana dalle rigide impalcature del sistema dell’arte, tra serio e faceto quest’incontro di opere e di artisti riesce a incanalare un’energia particolare. La sua breve durata sottrae l’oggetto dalla vetrina dell’opera e la presenza degli artisti garantisce la pregnanza di un ambiente ospitale dall’aria ludica… del resto spesso è proprio il gioco a sovvertire le regole creative. E allora forse sarà il caso di prenderci meno sul serio e, ricordando il motto di Tzara: “l’idiota è ovunque”, salutare quest’isola, con rispetto e un po’ di silenzio ora che le luci si abbassano e i filicudari ritornano alla loro quiete.
Serena Carbone