Mi chiedo se alla stazione di Gagliano del Capo ci sia un orologio. Ma la stazione è dismessa da molto tempo ormai, in quell’estremità della Puglia in cui le rotaie tracciano passaggi desolati, brulli e assolati.
La morte sta nascosta negli orologi, scriveva Gioacchino Belli, e proprio gli orologi scandiscono i minuti e le ore di quegli spazi in cui i treni arrivano, partono, sostano e ripartono. Ma alcun orologio e alcun treno sono presenti in quella fermata piĂą a Sud del Sud, ultima tappa delle Ferrovie del Sud-Est. E chissĂ se la vita non si manifesti in altre forme.
Forse è questo lo spirito che anima Lastation, il progetto che ha preso vita nel 2015 in quest’ultimo anfratto di terra grazie a Ramdom, l’associazione fondata da Paolo Mele e Luca Coclite che nel febbraio di quest’anno ha festeggiato i suoi sei anni di attività . «Nel 2011 entrambi eravamo dislocati fuori dal contesto pugliese – mi racconta Paolo Mele – ma in occasione del bando Bollenti Spiriti siamo rientrati, ci abbiamo provato ed abbiamo vinto, così è nata Ramdom». E due erano le riflessioni da cui partivano per dare corpo all’idea: «La carenza della Regione nel settore del contemporaneo – allora anche la Fondazione Pascali non era attiva come adesso – e la mancanza di mobilità artistica a livello internazionale. Mancava un background di fondo e così abbiamo tentato un’operazione in cui lo spazio pubblico potesse essere trattato come spazio di produzione urbana», aggiunge Mele.
Le residenze per artisti come momento di studio e riappropriazione del territorio insieme alla rivalutazione degli spazi dismessi sono stati i fattori agenti su una processualità condivisa e partecipata di cui “Default, Masterclass in residence” e “Indagine sulle terre estreme” sono stati i progetti cardine. Il primo è nato «come progetto biennale di residenza condensata in dieci giorni per venti artisti e dieci ospiti internazionali, proponendo momenti basati più sullo scambio e il dialogo in verità che sulla produzione di opere visto il tempo ridotto di permanenza», il secondo invece è stato il cuore pulsante «di una nuova narrazione che ci ha permesso di mappare il territorio secondo criteri diversi da quelli abitualmente utilizzati», continua Mele. Carlos Casas, Andrew Friend, Brett Swenson, Matthew C. Wilson, Alessandro Carboni, Giuseppe De Mattia sono solo alcuni degli artisti che hanno preso parte a quest’ultimo progetto mentre sono una cinquantina, tra italiani e stranieri, quelli che si sono avvicendati nelle due edizioni di Default.
Nel 2015 Ramdom conquista una sede, appunto la stazione dismessa di Gagliano del Capo, grazie alla partecipazione al bando Mente Locale indetto dall’Assessorato alle Infrastrutture Strategiche e Mobilità della Regione Puglia in collaborazione con le Aziende di Trasporto pubblico locale. Prende vita così Lastation che non solo ha dato la possibilità di allestire una mostra che raccontasse e facesse un primo punto sull’attività dell’associazione, ma anche di dotare la stessa di uno spazio permanente dove rendere fruibile, in contenuti digitali, la mappatura del territorio precedentemente realizzata (ed ancora in corso) ed ora funzionante come un vero e proprio osservatorio mobile che, per le sue caratteristiche virtuali, può essere visibile anche altrove. La presenza di uno spazio fisico ha ovviamente posto Paolo Mele e Luca Coclite di fronte ad una situazione mutata rispetto a quella di partenza “senza fissa dimora”. «Questo passaggio ci ha radicati ancora di più sul territorio, ci ha posto altri problemi come la specificità del nostro lavoro nella quotidianità e non più a periodi alternati, avendo appunto in gestione uno spazio stabile e duraturo», specifica Mele. Ma purtroppo non altrettanto stabili e duraturi sono i finanziamenti che dipendono per lo più da fondi pubblici e relativa partecipazione a bandi. E chiosa: «Nonostante spesso le realtà indipendenti propongano progetti di una lungimiranza e una freschezza non paragonabili a quelli istituzionali, e nonostante negli anni siamo riusciti ad attivare economie alternative, questo non ci garantisce una programmazione a lungo termine. In Italia non c’è una cabina di monitoraggio o un investimento sulle gallerie, non sai quale sia e se ci sia un indirizzo a livello nazionale o una prospettiva a lungo raggio in cui proiettarsi. Ci muoviamo all’interno di un’anomalia nazionale in cui ci chiediamo come vivere, sopravvivere e farci conoscere».
Per fortuna la precarietà non uccide la voglia di fare, così Ramdom continua il suo percorso, appena chiusa la call per Default17, attendiamo l’estate per vedere cosa succederà in quella stazione al sud del sud dove il tempo scorre ancora in fretta.  (per info: http://www.ramdom.net)
Serena Carbone