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Marginalia, nonostante il suono antico, è un falso latinismo. Marginalia sono le note, le aggiunte, le brevi considerazioni intorno ad un testo centrale. Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non ha appuntato qualche riflessione sul foglio che stava leggendo, lillipuzianamente tra le righe, sopra le righe, ai lati delle righe, finché lo spazio consentiva. Quando ancora la carta scarseggiava, immagino l’amanuense annotare con una soddisfazione dolce e sinistra anche solo una parola estranea alla pedissequa trascrizione, e la mano di Stendhal correre veloce sul quel po’ di superficie bianca riflettendo e commentando, insieme a quella del maestro del noir E.A.Poe, i cui Marginalia sono divenuti addirittura un libro a sé. «Alla fine, le parole si sono salvate perché hanno smesso di vivere», scrive E. Vila-Matas (Bartleby e compagnia) e forse in quei margini hanno trovato la loro oasi di sopravvivenza.
Ma dopo queste precisazioni intorno al titolo della nostra rubrica, ritornando all’oggi, cosa c’è di più evadente dal grigiore urbano che un’edicola trasformata in uno spazio per l’arte?
«Ai primi mesi di cantiere alternativo, con il restauro accompagnato da opere appositamente prodotte da alcuni artisti, è subentrata la fase di verniciatura e finitura, compreso l’impianto elettrico, che ha reso la struttura adatta ad ospitare le mostre che saranno visibili 24 ore su 24». Chi parla è Andrea Lacarpia, direttore artistico di Edicola Radetzky a Milano, chiamato a collaborare con il collettivo Città Ideale (Fiorella Fontana, Mirko Canesi, Stefano Serusi), vincitore del bando comunale che aveva proposto l’affido temporaneo (4 anni) dell’Edicola per attività culturali no-profit.
«All’interno della città, Edicola Radetzky sarà un tempietto dedicato ad un esotico altrove, diversamente declinato dagli artisti che si susseguiranno nella programmazione, nel quale i cittadini potranno riconoscere le energie primarie che legano l’uomo alla natura originaria».
Quindi un progetto di recupero e rifunzionalizzazione in chiave espositiva per questa affascinante struttura risalente ai primi del ‘900, affacciata sulla Darsena ed in stato di abbandono ormai da anni. Nonostante la vocazione da spazio indipendente, l’intera operazione si inserisce in un contesto istituzionale dal quale, precisa Lacarpia, «non si sente slegata». Edicola Radetzky, infatti «è un bene pubblico di rilevanza storica che il Comune ci ha dato in gestione per attivarlo come spazio per l’arte contemporanea. In tale senso, Edicola Radetzky potrebbe diventare un modello di collaborazione tra realtà culturali indipendenti e pubbliche amministrazioni». La riflessione sulla funziona sociale dell’arte che aveva animato le avanguardie e le neoavanguardie ritorna, ma «con la mente fresca, facendo tesoro delle migliori esperienze del passato e guardando sempre alla realtà attuale».
Attendiamo allora curiosi l’apertura ufficiale dello spazio, il 23 aprile. In anteprima, Lacarpia ci suggerisce che il primo artista invitato ad interagire con il luogo è Daniele Carpi. Sembra che l’Edicola si trasformerà in una fitta foresta, la cui vegetazione protegge e rigenera addirittura un busto dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo, padre di quel Francesco Ferdinando, arciduca, il cui assassinio fece esplodere la polveriera balcanica. Erano gli anni della Grande Guerra e della nascita di Edicola Radetzky. E quale migliore brandello di storia si sarebbe potuto trasformare in un’oasi se non un’edicola?
Serena Carbone