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Valentino Vago negli Sessanta debutta con una mostra personale al Salone dell’Annunciata di Milano con una presentazione di Guido Ballo, e da questo momento la sua ricerca artistica s’inserisce nell’ambito della Pittura Analitica o Nuova Pittura, correnti aniconiche maturate nell’ambito dell’astrazione, incentrate sull’espressione pittorica e lirica della luce, e per Vago sull’investigazione di orizzonti altri per vocazione di ascesa spirituale. Bastano i titoli evocativi delle sue opere come, Orizzonte, Davanti all’orizzonte, Immagine all’orizzonte, e altri simili per circoscrivere le modalità del suo vedere oltre il limite del reale, sondando distese e dimensioni cromatiche in cui la sostanza e la forma della luminosità della pittura superano la linea di demarcazione fra la terra e il cielo: una sutura ottica-percettiva visibile al nostro sguardo, emozionante se lo si osserva. Due mostre personali a cura di Roberto Borghi e di Ornella Mignone ospitate una alla Galleria dell’Annunciata e l’altra alla Galleria il Milione (fino al 2 febbraio 2018), sono l’occasione per riscoprire una dimensione spirituale e meditativa della pittura aniconica, e in un mondo caotico, saturo d’immagini, in cui l’apparire sopprime l’essere, la visione delle mostre è un’esperienza consigliabile per riconnetterci con un’altra dimensione dell’arte, più silente e meno appariscente.
Valentino Vago, Orizzone, Olio su tela
Nella Galleria dell’Annunciata, Vago ha esposto diverse volte nel corso del tempo, in questa occasione presenta una corpus di opere realizzate tra gli anni Sessanta e Settanta, in cui più orizzonti paralleli si confrontano per definire dimensioni luminescenti, inconsistenti, dove la linea di demarcazione tra terra e cielo, diventa un presupposto d’indagine pittorica di compenetrazione tra spirito e materia, pieno e vuoto, visibile e non visibile.
Ipnotizzano le sue campiture complesse e stratificate di colore giallo, rosa, rosso dalle tonalità fluide e trasparenti come l’acqua e alternanze tra pennellate di bianco e di nero, segni cromatici dalla scansione ritmica evidente che sembrano stilare un’immaginaria partitura musicale, in cui l’ottava nota, è il risultato della perfetta fusione tra il colore e la luce. L’una comprende l’altra come, il vuoto e il pieno, l’essere e il non essere. Nella sua poetica, dietro le sfumature di orizzonti visibili si cela un continuo rimando al tema dell’origine, della nascita dell’opera d’arte, che misteriosamente si compie nell’atto stesso del suo farsi, del rendersi visibile attraverso la luce. Le sue opere dalle linee fluide e anche articolate sottendono sinuosità tutte da “toccare” con gli occhi direbbe Maurice Merleau-Ponty, in cui si annulla la cesura tra spirito e materia. Alla Galleria il Milione sono esposti i lavori recenti dell’artista che come lui stesso ha dichiarato si è lasciato “interiormente sommergere dalla luce”.
Mostre personali a parte, l’immersione totale nella sua pittura di luce dall’attitudine trascendentale si vive nella chiesa di San Giovanni in Laterano (via Paolo da Canobbio) dove Vago è intervenuto con un’opera ambientale, la ventunesima dal 1982 al 2016, che l’artista considera la summa dei suoi settant’anni di pittura dedicati, dice, «A cercare bellezza. E sono contento perché non pensavo di farcela, a dire la verità. Sognavo un risultato del genere: era un sogno». La sua pittura soprattutto nelle opere ambientali nasce dalla luce e dialoga con lo spazio in cui s’iscrive, non è stata né pensata, né immaginata, per l’autore l’opera nasce nel suo farsi e in questa azione, lo spazio, l’architettura sacra in particolare, diventa il luogo di una perfomance di luce, che illumina il percorso verso un’ascesa spirituale in totale fusione con l’assoluto, a cui tutti tendiamo.
Jacqueline Ceresoli
Fino al 2 febbraio 2018
Galleria Annunciata, via Signorelli 2, Milano
Galleria Il Milione, via Marocelli 7, Milano