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5 Continents Editions, 20 anni di arte senza confini: intervista a Eric Ghysels
Libri ed editoria
5 Continents Editions, casa editrice indipendente fondata a Milano nel febbraio 2002 da Eric Ghysels, si è affermata come un punto di riferimento internazionale nell’ambito delle arti extra-europee. Di origini belga-armene ma italiano d’adozione, Ghysels ha costruito un progetto editoriale che spazia dall’archeologia all’arte contemporanea, passando per le arti decorative, la moda, il design e la fotografia, senza mai perdere di vista la qualità e la profondità culturale.
Animata da un piccolo team di professionisti multilingue e appassionati, la casa editrice unisce una cura artigianale dei dettagli a una visione globale. Ogni pubblicazione è concepita come un’opera che possiede “un’anima”, grazie a un lavoro attento su grafica minimalista, immagini di grande impatto e testi autorevoli. La qualità della fotolito, della stampa e della legatura riflette l’autenticità e l’eccellenza che la casa editrice intende celebrare.
Con una distribuzione capillare in tutto il mondo, 5 Continents Editions pubblica principalmente in francese e inglese ma il suo catalogo include titoli in italiano, spagnolo, tedesco, portoghese, arabo, russo e cinese, rendendosi accessibile a un pubblico internazionale.
La filosofia che anima la casa editrice è fondata su principi etici e su una profonda attenzione alle relazioni umane. In quest’ottica, Eric Ghysels considera i suoi migliori clienti i collaboratori e i fornitori che contribuiscono a realizzare ogni progetto. Un’etica rara, che si traduce in un’editoria di qualità, capace di restituire al libro d’arte il valore di oggetto culturale ed estetico. Ne parliamo con lo stesso Ghysels, in questa intervista.
Ci puoi raccontare come e quando è nata la casa editrice? Qual è la sua linea editoriale e a chi si rivolge principalmente?
«5 Continents Editions è nata quasi 23 anni fa, nel febbraio 2002, per realizzare libri d’arte: un obiettivo certamente ambizioso. Fin dai suoi esordi i volumi che la casa editrice pubblica sono una lente per scoprire non solo l’arte a 360 gradi, in ogni sua declinazione e in ogni parte del mondo, ma soprattutto gli esseri umani, il mondo che abitano e la creatività cui sono capaci di dare vita. La casa editrice, indipendente, è infatti “casa” di una pluralità di sguardi, di sensibilità, di incontri, di interessi. E di saperi. Non si pone confini spaziali e temporali nei dialoghi alla base dei suoi progetti, non si accontenta del “già visto”: la sua anima si nutre ogni giorno di curiosità e scoperta. Perciò si rivolge alle anime curiose, sempre, senza confini né pregiudizi. E la sensibilità dell’editore, così come il suo stile improntato all’etica, ne sono la guida. Il risultato è che da tanti anni i progetti editoriali di 5 Continents Editions continuano a interessare e coinvolgere studiosi, intellettuali, galleristi, facendo nascere in molti casi una stretta collaborazione anche con le maggiori istituzioni museali sia italiane sia internazionali, con fondazioni private, artisti e collezionisti».
Quali sono le tappe fondamentali del vostro percorso editoriale e quali obiettivi vi piacerebbe raggiungere?
«Ho iniziato a lavorare in una casa editrice quando mi sono trasferito in Italia, e il mio primo banco di prova è stato una casa editrice d’eccellenza, Franco Maria Ricci, che mi ha permesso di imparare tanto. Poi ho proseguito in Skira, che è stata per me un’importante palestra, ma dopo qualche tempo e molteplici esperienze la spinta verso il Bello senza compromessi mi ha portato a fondare una casa editrice mia, che potesse essere pienamente espressione del mio modo di operare, nella libera scelta di affiancare collaboratori di grande valore.
Ora desidero lavorare in armonia, continuare a viaggiare e pianificare nuovi titoli tenendo ben presente i miei valori e il mio retroterra familiare. C’è molto del mio “privato” nella mia vita professionale: ho vissuto tutta la giovinezza in Dordogna, culla della Storia, nel sud-ovest della Francia, dove in un ex essiccatoio di tabacco osservavo mio padre Jean-Pierre, che era stato allievo di Ossip Zadkine all’Académie de La Grande Chaumière (Parigi), creare sculture partendo da due pezzi di creta; uno dei tre contadini del luogo, in quello stesso periodo, mi insegnava a vivere osservando la natura e i lavori della terra, ma non solo. Da loro ho imparato a considerare la vita e l’arte quasi come un binomio, e, in seguito, a realizzare un libro “come una scultura”.
Molto fortunati sono stati in questi ultimi anni gli incontri con i collezionisti Neal Treadwell e Hugh Nini con i quali la mia casa editrice ha realizzato il best-seller mondiale Loving, un inno all’amore di rara sensibilità, e con il fotografo Luigi Spina con il quale, tra gli altri, abbiamo dato alle stampe l’anno scorso il volume pluripremiato “Interno pompeiano”, pubblicato in cinque lingue».
L’editoria indipendente in Italia affronta sfide sempre più complesse. Qual è la vostra esperienza in questo contesto e quali strategie avete adottato per superare eventuali difficoltà?
«Certamente le sfide che si affrontano come editori indipendenti sono complesse, soprattutto in quanto oggi sembrano essere tutti ossessionati dalle logiche del marketing.
Noi siamo riusciti a trasformare la ricerca del Bello in un mestiere. Non nascondo che il nostro è un mestiere difficile, perché richiede anche tanti livelli di competenza – tecnica, culturale, linguistica… – e grande senso di responsabilità, perciò è necessario condividere questo mestiere, quasi artigianale, con la propria squadra. Inoltre, in questi anni ho tessuto una fitta rete di relazioni con persone sensibili all’arte in Italia e all’estero, che sono riuscito a coinvolgere al punto da realizzare volumi che sono il fiore all’occhiello della mia casa editrice. E se a volte ho corso dei rischi – nessun imprenditore ne è esente – i risultati alla fine ci hanno appagato, facendomi guadagnare la stima e la fiducia di quanti hanno investito sulla mia casa editrice».
Anche i dati sulla lettura in Italia sono scoraggianti. Quali strategie o iniziative proponete per incentivare il gusto per la lettura e invertire questa tendenza?
«Penso che il miglior modo di affezionare le persone alla lettura, sia offrire loro progetti di qualità. La nostra è una ricerca quasi spasmodica della perfezione. Non mi interessa realizzare un numero spropositato di titoli ogni anno. Preferisco dedicare a ciascun progetto la giusta attenzione, in modo che sia curato nella scelta degli autori, perfetto per la qualità dei materiali e per la grafica, e che permetta al pubblico dei lettori di scoprire qualcosa di inedito, mai visto prima».
Progetti per il futuro? Prossime uscite?
«Nel 2025 usciremo con alcuni titoli a cui stiamo lavorando da tempo con un attento “labor limae”. Penso alla monografia dedicata a Loris Cecchini, che affronterà per la prima volta i primi trent’anni della sua attività in modo sistematico e completo, o a quella dedicata a Ernst Gamperl, poeta del legno di fama internazionale.
Uno dei progetti di cui vado più fiero è il volume dedicato all’arte grafica delle donne Inuit, finora ancora sconosciute, curato da Carl Norac, poeta nazionale belga, notissimo autore di libri per l’infanzia e grande collezionista di questi lavori. Il volume esplora una forma d’arte che non ha mai avuto contatti con il mondo dell’arte contemporanea internazionale, anche se le sue prime testimonianze risalgono agli anni Cinquanta: sono i disegni e le stampe realizzati dal popolo Inuit canadese.
Mi affascinano anche il microcosmo e il macrocosmo. Per questo all’ultima edizione della fiera di Francoforte ho presentato Semi e Conchiglie di Paul Starosta, che ho deciso di ripubblicare. Nella magia del seme e nelle straordinarie forme delle conchiglie si vede tutta la scultura contemporanea, da Brâncuși a Chillida, da Moore a Serra. 5 Continents Editions è riuscita a fare emergere questa assonanza, rendendo addirittura le immagini tridimensionali. Devo però confessare che il progetto più stimolante per me è sempre il “libro che non esiste ancora” e che immagino sarà in assoluto il più bello!».