Massimiliano Gioni, in occasione dell’uscita del suo nuovo volume Caffè Paradiso. La Biennale di Venezia raccontata dalle sue direttrici e dai suoi direttori (Johan & Levi, 2024), chiuderà il cerchio delle sue interviste proprio nel luogo in cui, virtualmente, le ha ambientate. Il volume sarà infatti presentato giovedì, 18 aprile, nello storico locale situato all’ingresso dei Giardini della Biennale, il Caffè Paradiso. Il volume sarà disponibile in libreria e negli store online a partire dal 19 aprile.
Progetto ambizioso quello perseguito da Gioni, una delle personalità più influenti nel mondo dell’arte, il quale ha realizzato uno storico dell’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, dagli anni ’90 a oggi, dando voce ai protagonisti che hanno contribuito ad ampliare la fama di uno degli eventi artistici più celebri al mondo. Curatore dell’edizione della Biennale d’Arte del 2013, Gioni ha inteso realizzare il volume partendo dal desiderio di raccontare la manifestazione dalla prospettiva di chi l’ha ideata e organizzata, finendo poi anche con l’identificarcisi, offrendo al lettore aneddoti, ricordi e aspirazioni di coloro che hanno coordinato i lavori tra difficoltà e sfide.
Gioni ha intervistato le direttrici e i direttori della Biennale di Venezia a partire da Achille Bonito Oliva, che coordinò i lavori della sua edizione nel lontano 1993 e prosegue, con lo stesso schema, fino all’edizione odierna assegnata ad Adriano Pedrosa, passando per tutte le altre personalità che hanno determinato l’impronta delle Biennali che si sono susseguite negli anni. Dall’edizione tenuta dallo stesso Massimiliano Gioni (2013) – che a sua volta si lascia intervistare da Robert Storr, il quale racconta la magistrale impresa della mostra-ricerca di questa edizione, alla quale partecipò anche la Santa Sede – a quella guidata dal nigeriano Okwui Enwezor (2015), considerata una «Biennale politica» per via della scelta inusuale di far leggere dal vivo i brani de Il Capitale di Karl Marx, passando per quella diretta da Cecilia Alemani (2022), definita «Biennale femminile», per l’alta percentuale di artiste (80%) che vi hanno preso parte, un record in tutta la storia della Biennale, fin dalla sua fondazione nel 1895: nei primi 100 anni della sua storia, si calcola una presenza femminile del 10%, aumentata solo negli ultimi 20 anni.
L’obiettivo di Gioni è quello di affrontare le tematiche legate all’organizzazione dell’evento: dalla lotta contro il tempo alle ristrettezze legate al budget, dalla scelta degli artisti alle difficoltà dovute al contesto, come nel caso della pandemia da Covid che ha “messo in rete” le mostre e ha richiesto un rapido e improvviso cambio di rotta nell’organizzazione e nel dialogo con gli spettatori. Nelle interviste ai diretti interessati, Gioni ha cercato di indagare il rapporto che la Biennale istituisce tra passato, presente e futuro, i tentativi di scardinare i canoni e di aggiornare le tradizioni presentando “il nuovo”. L’autore ha lavorato sulla ricostruzione di questi e altri aspetti, senza perdere di vista il filo rosso che tiene in piedi l’intero progetto: l’individualità di ogni soggetto intervistato, il segno inconfondibile e personale che ciascun direttore ha impresso ad ogni edizione della Biennale.
Ha cercato di capire in cosa una determinata edizione si è distinta dalle precedenti, quali intuizioni hanno mosso i progetti dei direttori, i collegamenti tra le opere e le ispirazioni che le hanno determinate, gli elementi più intrinseci da individuare dietro le mostre e come queste hanno contribuito a comprendere e a raccontare il mondo che, di pari passo alle edizioni, evolveva. Le interviste mirano, altrettanto, a conoscere più intimamente i direttori, raccontandone il loro passato, la loro formazione, le esperienze personali e professionali, le ambizioni, gli ambienti frequentati, le abitudini. Un dialogo a 360 gradi per comprendere la soggettività dell’individuo, al fine approfondire le scelte compiute nelle edizioni che hanno guidato.
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